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L'altro modo di fare impresa

, di Fabio Todesco
Tutti i contributi Bocconi al secondo Workshop on social entrepreneurship, organizzato dalla Cattedra Sif di imprenditorialita' sociale, che ha radunato decine di studiosi alla Bocconi

Nel mondo c'è posto per altri modi di fare impresa. L'imprenditorialità sociale, che si propone di risolvere i bisogni sociali più sentiti attraverso l'organizzazione d'impresa, impostando rapporti virtuosi non solo con gli azionisti, ma con tutti i portatori d'interesse che circondano un'azienda, è quella a cui si interessa un numero crescente di studiosi in tutto il mondo, e anche all'Università Bocconi.

La Cattedra Sif (Società italiana di filantropia) di imprenditorialità sociale, coperta da Francesco Perrini, ha organizzato dal 25 al 27 giugno il secondo "Workshop on social entrepreneurship", che ha radunato a Milano alcune decine di studiosi e professionisti.

Tra i contributi di docenti Bocconi, Stefano Pogutz, con la coautrice Monika Winn (University of Victoria), ha presentato Nature's limits, ecosystem services and organizations, un paper in cui si sostiene che gli studi di management, anche se hanno ormai legittimato l'uso della parola e del concetto di natura, non si sono preoccupati finora di comprenderne il funzionamento secondo le più recenti teorie scientifiche. Ne deriva una sostanziale impossibilità di dare seri fondamenti alla riflessione aziendale sulla sostenibilità. Pogutz e Winn suggeriscono come superare questa limitazione.

Clodia Vurro e Francesco Perrini, con la coautrice Tina Dacin (Queen's University), cercano di approfondire la comprensione di come possano essere gestite le partnership sociali intersettoriali in Institutional antecedents of partnering for social change. Il lavoro individua quattro stili diversi nella gestione di queste partnership che, a seconda della logica istituzionale sottostante, possono valorizzare la bontà economica o l'importanza sociale dell'iniziativa. Si mostra anche che modelli di governance più laschi e partecipativi funzionano meglio in ambiti consolidati, mentre quelli più direttivi sono adatti alle situazioni meno strutturate.

Angelo Russo (Università Parthenope e Space Bocconi) osserva 308 organizzazioni coinvolte in 44 progetti di partnership intersettoriale nel campo delle celle a combustibile in Balancing competences in cross-sector partnerships for sustainable innovation: the case of fuel cells. L'analisi dimostra che il successo delle partnership non dipende dalle capacità di un attore di porsi come nodo principale di esso, ma nella capacità di selezionare i partner giusti, per assicurarsi la giusta varietà e il corretto bilanciamento di competenze e conoscenze.

Nicola Misani, con la coautrice Barbara Del Bosco (Università di Bergamo), analizza le caratteristiche dei fondi di private equity sostenibile in The role of private equity in social projects: a resource-based perspective. La conclusione è che i fondi "con una missione sociale" sono in grado di mettere in campo risorse relazionali cruciali per lo sfruttamento delle opportunità sociali e capaci di ottenere ritorni economici e sociali che i fondi spinti dalle sole motivazioni commerciali non sono in grado di raggiungere.

Antonio Tencati e Laszlo Zsolnai (Corvinus University), in The collaborative enterprise, argomentano l'efficacia delle imprese che riescono a sviluppare approcci collaborativi per costruire relazioni mutuamente benefiche di lungo periodo con tutti gli stakeholder.