Per la malaria meno fondi che per il "Titanic"
Il reddito pro capite medio nelle zone malariche del pianeta è di 1.526 dollari, contro gli 8.268 dollari del resto del mondo. Ma perché tale evidente differenza? La malaria è strettamente legata alla geografia fisica del territorio e, nella sua forma più grave, comporta febbri, malessere diffuso e in alcuni casi la morte. Tali condizioni di infermità sarebbero tali da ridurre la produttività degli individui, così da rappresentare un serio freno allo sviluppo.
La malaria è stata per secoli endemica in diverse zone dell'Italia, in particolar modo nelle regioni del Meridione e nel Lazio. Il problema era così rilevante da indurre Giustino Fortunato a dichiarare che il problema del Mezzogiorno era fondamentalmente il problema della malaria. All'indomani dell'Unità d'Italia, infatti, mentre in Lombardia si avevano 10 morti di malaria per 100.000 abitanti, in Sardegna se ne avevano quasi 300, in Basilicata 186 ed in Calabria 157. Tali condizioni hanno comportato per il Mezzogiorno una crescita del prodotto pro capite inferiore dell'1% rispetto a una situazione di assenza di malaria sul periodo 1891-1961.
L'Italia si è, però, distinta nel tempo come paese all'avanguardia nella lotta alla malattia della zanzara, grazie soprattutto agli studi di Giovanni Battista Grassi e Angelo Celli, che per primi scoprirono le modalità di trasmissione dell'infezione e per primi predisposero un programma di prevenzione nell'Agro Pontino, consistente nell'installazione di zanzariere, nella distribuzione del cosiddetto Chinino di stato e nell'educazione delle popolazioni rurali, in particolar modo delle donne. Tali interventi ridussero enormemente la mortalità per malaria nella zona interessata, ma non la eradicarono del tutto; questo avvenne solo dopo la Seconda guerra mondiale, con l'importazione del Ddt dagli Stati Uniti, così che la malaria venne dichiarata completamente eradicata dal territorio italiano solo nel 1962.
Attraverso l'analisi di dati individuali, è possibile stimare come la completa eradicazione della malattia dalle regioni italiane abbia comportato un maggiore investimento in capitale umano consistente in circa 2 anni di istruzione in più nelle aree precedentemente affette dal morbo. Questo risultato è probabilmente il frutto sia della maggiore produttività dei lavoratori che, quindi, consente loro di avere redditi più alti da poter spendere nell'istruzione dei propri figli, sia della riduzione del tasso di mortalità che comporta una minore incertezza e, dunque, una maggiore predisposizione all'investimento.
L'esperienza italiana, a distanza di quasi 50 anni dall'eradicazione della malaria, rappresenta un caso di successo, in cui la lotta dell'uomo contro la natura ha comportato un aumento del reddito e del capitale umano nelle regioni particolarmente afflitte dal fenomeno, garantendo, così, un maggior livello di sviluppo. Ma la sconfitta del morbo si è avuta solo grazie all'intervento dello stato, quale ente sovraordinato in grado di risolvere i problemi di coordinamento che, invece, rendono l'eradicazione del fenomeno attraverso l'azione spontanea degli individui pressoché impossibile.
Benché i vantaggi siano evidenti e benché la letteratura sia abbastanza concorde nell'affermare i benefici economici derivanti da una campagna di eradicazione della malaria dai paesi in via di sviluppo, il programma Roll Back Malaria della World Health Organization, che si propone di ridurre la morbosità della malaria del 75% entro il 2015, ha a disposizione una dotazione finanziaria inferiore a quanto l'industria cinematografica di Hollywood ha speso per girare il film Titanic.