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Fair value e adeguatezza del capitale: le imprese imparino dalle banche

, di Giovanni Strampelli
Giovanni Strampelli in un recente articolo illustra come evitare gli effetti distorsivi dell'adozione degli IAS/IFRS nei bilanci annuali. Prendendo in prestito un'idea dalle banche

Nei paesi in cui i bilanci annuali svolgono anche funzioni "organizzative" l'introduzione degli IAS/IFRS incide anche sulle norme del diritto d'impresa. In Europa, secondo la direttiva del Consiglio 77/91/EEC, il bilancio annuale di un'impresa è lo strumento utilizzato per determinare i profitti che possono essere distribuiti agli azionisti e ogni riduzione del capitale sociale dovuta a perdite. Ma la recente crisi finanziaria ha reso ancora più evidente che un bilancio annuale redatto secondo gli IAS/IFRS non è adatto a svolgere tale funzione. La contabilità a fair value può limitare l'efficacia delle regole di adeguatezza del capitale o può portare a una loro applicazione distorta.

Giovanni Strampelli (Dipartimento di Studi Giuridici) in The IAS/IFRS after the Crisis: Limiting the Impact of Fair Value Accounting on Companies' Capital (European Company and Financial Law Review, Volume 8, Issue 1, 1–29, doi: 10.1515/ECFR.2011.1) mostra come limitare gli effetti distorcenti determinati dall'interazione tra la contabilità a fair value e le regole sull'adeguatezza del capitale senza compromettere la significatività delle informazioni contabili e la comparabilità dei bilanci all'interno dell'Unione europea.

Per limitare l'effetto della contabilità a fair value sulle regole di adeguatezza del capitale si possono considerare due strategie: modificare i principi contabili restringendo il ventaglio di applicazione del fair value o facilitando la non applicazione del mark-to-market; lasciare inalterati i principi contabili ma modificare le regole di adeguatezza del capitale e, a questo fine, procedere alla neutralizzazione delle componenti di reddito corrispondenti alle fluttuazioni del fair value.

Procedere d'autorità alla non applicazione del mark-to-market potrebbe avere l'effetto indesiderato di ridurre la trasparenza e la significatività delle informazioni contabili e neppure l'abbandono del fair value per un ritorno al sistema contabile tradizionale basato sull'utilizzo di criteri prudenziali di valutazione sembra costituire una soluzione adeguata.

In primo luogo, una tale controrivoluzione contabile non è in agenda (sebbene qualcuno abbia avanzato l'ipotesi) e, al contrario, le tendenze recenti sembrano andare in direzioni nettamente diverse. Inoltre, il ritorno ai costi storici ridurrebbe la significatività delle informazioni contenute nei conti annuali. I costi storici risultano essere meno significativi del fair value perché rendono impossibile adeguare i valori di libro al più alto valore corrente e privano gli utilizzatori del bilancio di ogni indicazione sull'effettivo valore delle attività.

Per limitare gli effetti negativi del fair value sulle regole di adeguatezza del capitale è preferibile modificare le previsioni del diritto societario o fallimentare che fanno riferimento ai dati contabili al fine di renderli insensibili alla registrazione di utili o perdite non realizzati che risultassero dal bilancio stilato secondo gli IAS/IFRS. In questo modo il fair value avrebbe effetti solo a livello informativo. Chi utilizza il bilancio avrebbe a disposizione informazioni più significative sul valore delle attività aziendali e sulla performance del periodo senza che, tuttavia, venga permessa alcuna distribuzione di utili non realizzati e senza compromettere il corretto funzionamento della disciplina sulla riduzione del capitale sociale per perdite.

A questo fine si devono, prima di tutto, neutralizzare (attraverso la loro deduzione dai risultati netti) le variazioni positive e negative del fair value registrate nel conto economico. Ciò consentirebbe di adottare come parametro per la distribuzione di utili o per le perdite di capitale solo la quota di risultato netto effettivamente realizzata.

La soluzione proposta è concettualmente analoga a quella impiegata dal settore bancario in cui, a seguito dell'adozione degli IAS/IFRS, sono state introdotte previsioni apposite (cioè filtri prudenziali) per limitare l'impatto delle variazioni positive o negative del capitale regolamentare a fair value. I filtri prudenziali escludono dal calcolo dei rapporti di capitale istituiti dall'accordo di Basilea quei guadagni a fair value non realizzati che sono stimati con ampio grado di soggettività e non sono destinati a essere realizzati nel breve termine.

L'implementazione della soluzione delineata nei precedenti paragrafi non richiede necessariamente l'intervento del legislatore europeo. Le regole intese a neutralizzare gli effetti del fair value sul sistema del capitale legale possono essere introdotte in autonomia dai legislatori nazionali, anche in assenza di una regolazione armonizzata.