Com'e' alternativa l'arte
Che cosa hanno in comune 1.000 once di oro, 2.000 bushel di mais, un loft a Manhattan? Nulla, in apparenza. Per un investitore sofisticato, invece, sono tutti investimenti "alternativi", cioè prodotti non scambiati su mercati regolamentati, i cui prezzi risultano poco correlati con quelli degli investimenti finanziari più tradizionali e in grado di offrire rendimenti attesi (e rischio) elevati. Anche l'arte rientra nel novero degli investimenti alternativi, ma se investire in arte sia razionale, è difficile dirlo.
Poiché le evidenze cambiano secondo il metodo di stima del rendimento dell'arte, l'oggetto dell'investimento e l'orizzonte temporale considerati, i contributi in materia (si vedano, tra i più prestigiosi, l'articolo di W. Baumol Unnatural Value: Or Art as a Floating Crap Game e quello di J. Mei e M. Moses Art as an Investment and the Underperformance of Masterpieces) non hanno raggiunto pareri unanimi. Investire in arte può essere redditizio, ma certamente è rischioso, e ciò che rende l'investimento in arte particolarmente aleatorio è la difficoltà di elaborare una corretta valutazione. Questo problema, se vale per qualsiasi strumento finanziario, si accentua nel caso di un'opera d'arte a causa di alcuni elementi come l'unicità, la componente fortemente soggettiva ed emotiva che ne condiziona l'apprezzamento, la circostanza di non generare flussi di cassa periodici. Come nei mercati finanziari tradizionali, dunque, anche nel mercato dell'arte quantità e qualità delle informazioni possedute sono presupposti necessari per l'adozione di strategie di investimento efficaci e tra le fonti informative più rilevanti rientrano le stime fornite dalle case d'asta ed esposte sui cataloghi prima delle sedute.Poiché il processo valutativo è complesso, la stima è indicata come un range tra un valore minimo e uno massimo. Inoltre, non rappresenta il "reale" valore dell'opera, e per esempio può differire dal valore di perizia elaborato dalla medesima casa d'asta sulla medesima opera, ma ne esprime il presumibile prezzo d'asta. Affinché un investitore possa elaborare strategie di acquisto e vendita efficaci, diventa dunque cruciale comprendere l'affidabilità delle stime. Una nostra ricerca (Investing in Art: The Informational Content of Italian Painting Pre-Sale Estimates) mira appunto a esaminare il contenuto informativo e a testare la capacità predittiva delle stime delle case d'asta. L'analisi è condotta su un campione di dipinti di artisti italiani venduti da 15 diverse case d'asta nel mondo nel periodo 1985-2006. La capacità predittiva delle stime risulta piuttosto bassa (in meno del 40% dei casi il prezzo d'asta ricade nel range delle stime e le differenze tra case d'asta o per categoria di dipinti sono risibili), ma migliora, indipendentemente dalla casa d'asta, quando gli scambi sono effettuati in Italia o in presenza di precedenti prezzi d'asta (effetto "ancoraggio"). Si deve dunque suggerire agli investitori in arte, soprattutto se inesperti, cautela nell'interpretazione del valore segnaletico delle stime. Sotto questo punto di vista, il mercato dell'arte (nella fattispecie quello dei dipinti italiani) si riconferma particolarmente opaco, a meno che la stima non si sia formata usando anche prezzi passati e che riguardi un dipinto italiano negoziato in Italia. A questo proposito, più che una particolare abilità della casa d'asta sembra contare una sorta di "effetto paese": la stima di un dipinto italiano è più affidabile se a fornirla è una casa d'asta italiana ovvero la divisione italiana di una casa d'asta straniera. Ciò potrebbe dipendere dalle caratteristiche del nostro mercato nazionale: prevalentemente domestico, contraddistinto da transazioni di importo medio inferiore a quello di piazze più prestigiose come New York e Londra, meno soggetto a oscillazioni legate a componenti imponderabili come la "moda". Un mercato, insomma, forse poco vivace, ma più facile da decodificare.