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Autonomia, grimaldello spuntato per la fiscalità di vantaggio

, di Alberto Zanardi e Giampaolo Arachi - ricercatori di Econpubblica, il Centro di ricerca Bocconi sull'economia del settore pubblico
Anche le recenti sentenze della Corte di giustizia europea continuano a classificare le riduzioni d'imposta locali come aiuto di stato

Nel complesso incastro di pesi e contrappesi che dovrebbe garantire l'equilibrio del disegno di legge Calderoli sul federalismo fiscale fra le opposte richieste del Nord e del Sud un ruolo rilevante è giocato dalla proposta di introdurre forme di fiscalità di vantaggio a favore di specifiche regioni, in particolare quelle meridionali.

Ovviamente il semplice richiamo alla fiscalità di vantaggio contenuto nel disegno di legge solleva numerosi interrogativi. Si tratta di uno strumento realmente efficace per promuovere lo sviluppo? Quali imposte possono essere effettivamente utilizzate per raggiungere tale obiettivo? Come va ripartita la responsabilità degli interventi fra governo centrale e regionale? Qual è l'orizzonte temporale di riferimento? Su chi grava l'onere della perdita di gettito?

Esiste tuttavia una questione chiave che va affrontata in via preliminare. Come è noto le regole comunitarie in materia di aiuti di stato vietano forme di fiscalità selettiva che favoriscano specifiche imprese, settori di attività o territori. Esistono dunque forme di fiscalità di vantaggio compatibili con le regole comunitarie?

Alcuni commentatori hanno suggerito che le recenti sentenze della Corte di giustizia europea consentono una risposta positiva. Nella sentenza Portogallo-Commissione europea sul caso delle Azzorre, la Corte aveva dichiarato legittime le riduzioni di imposte applicabili soltanto a favore di uno specifico territorio se deliberate da un ente regionale o locale sufficientemente autonomo rispetto al governo centrale. Sembra quindi che il federalismo fiscale, riconoscendo autonomia ai livelli sub centrali di governo, sia il grimaldello con il quale si possa scardinare la normativa Ue sugli aiuti di stato: saranno le singole regioni o i singoli comuni nell'ambito della propria autonomia a deliberare riduzioni di aliquota dei tributi propri o devoluti (le regioni potrebbero usare ad esempio l'Irap).

A ben guardare tale lettura si rivela troppo ottimistica. La Corte di giustizia ha infatti ribadito in una recente sentenza sui Paesi Baschi che la "sufficiente autonomia" del governo regionale o locale richiede che le conseguenze economiche di una riduzione dell'imposta in ambito regionale o locale non devono essere compensate da sovvenzioni o contributi provenienti da altre regioni o dal governo centrale. Il problema è che questa richiesta rende irrealizzabile ogni forma di "fiscalità di vantaggio".

Quest'ultima fa infatti riferimento al caso in cui una comunità nazionale decida di creare condizioni vantaggiose per la localizzazione di un'attività produttiva in una specifica area attraverso la riduzione degli oneri fiscali, erariali o decentrati, senza che ciò produca una riduzione delle risorse a disposizione di quel territorio. In altri termini la fiscalità di vantaggio è un sostituto della spesa pubblica diretta (infrastrutture, sussidi o finanziamenti agevolati) a sostegno dello sviluppo di un territorio e in quanto tale implica una redistribuzione di risorse da altri territori. È evidente, quindi, che la realizzazione di una fiscalità di vantaggio in un contesto di federalismo fiscale richiede che un'eventuale riduzione di pressione fiscale deliberata da un governo regionale o locale sia compensata da un aumento di risorse ricevute dallo stato o da altre regioni violando la condizione di "sufficiente autonomia" che la Corte di giustizia europea ritiene necessaria.

Ciò che la normativa europea non vieta è uno scenario in cui le regioni del Sud decidano di abbassare le aliquote dei tributi loro assegnati con l'obiettivo di attrarre investimenti dall'esterno senza ricevere alcuna compensazione per la perdita di gettito. Ma è chiaro che l'introduzione di un regime di favore con questa modalità non può definirsi propriamente "fiscalità di vantaggio". Si tratterebbe invece di forme di concorrenza fiscale. E come insegna l'esperienza relativa all'armonizzazione fiscale in ambito Ue la desiderabilità della concorrenza fiscale è molto controversa.