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Stato e mercato possono convivere. Ma serve una costituzione economica

, di Fabio Todesco
Lapo Berti, economista e dirigente dell’Antitrust, in un libro di ampio respiro, ma compatto nella forma, sostiene che, con la caduta del Muro di Berlino, è svanita la contrapposizione tra stato e mercato

Lapo Berti
Il mercato oltre le ideologie
Milano, Università Bocconi editore, 2006
240 pagine, 14 euro

Solo un'illusione ottica può far ritenere che il crollo dl Muro di Berlino abbia segnato il trionfo del mercato sullo stato. In realtà, scrive Lapo Berti in Il mercato oltre le ideologie (Università Bocconi editore, 2006, 240 pagine, 14 euro), "quando una polarità viene meno, tutti e due gli estremi ne sono toccati. Nessuno dei due può sopravvivere intatto". La fine delle ideologie ha, perciò, aperto la possibilità di pensare stato e mercato in modo complementare anziché conflittuale.

Nella prospettiva riformista proposta da Berti, "stato e mercato devono operare ciascuno nel perseguimento degli obiettivi che gli sono propri, ma integrandosi e compensandosi a vicenda, in un rapporto di continua e reciproca verifica dei risultati".

L'opera di Berti, economista e dirigente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, è ambiziosa nel respiro e compatta nella forma. Quella del mercato, spiega Berti, è una metafora ormai data per scontata, ma tutt'altro che neutra e da analizzare nelle sue origini storiche. È, anzi, "il punto di arrivo e di coagulo di un lungo processo di riconoscimento e di laicizzazione dello spazio economico, nel corso del quale si è progressivamente affermata l'idea che la minaccia per l'ordine sociale costituita dall'aspirazione all'avere, al possedere, dall'eccesso dell'avidità e dell'avarizia, potesse essere neutralizzata, invece che dall'amministrazione ecclesiastica (la gestione monastica del patrimonio collettivo, la consacrazione della destinazione dei beni, la charitas), dal meccanismo livellatore della concorrenza, potenzialmente creatore di giustizia in quanto uguaglianza".

Giustizia e uguaglianza, d'altra parte, non sono state raggiunte né dove la società veniva risolta nel mercato, né dove ci si illudeva di imporle attraverso l'azione regolatrice dello stato. È perciò il momento di rendersi conto che "lo stato e il mercato sono due meccanismi che allocano le risorse e distribuiscono il reddito, operando sulla base di principi diversi, quello della coesione sociale il primo e quello dell'efficienza il secondo, e realizzando quindi risultati diversi". In un rapporto di controllo reciproco, la democrazia cerca perciò di impedire l'esclusione da parte del mercato, mentre il mercato limita le possibilità di influenza politica sulla vita dei cittadini.

C'è, però, un tassello mancante per rendere questa architettura veramente efficiente. Il controllo del mercato sullo stato funziona, infatti, meglio dell'inverso, perché ovunque le costituzioni democratiche, dettano le regole di funzionamento del sistema politico, distinguono i poteri legittimi e ne regolano i rapporti e limitano l'arbitrio dello stato. Non esiste da nessuna parte, invece, una costituzione economica che individui le forme di esercizio del potere economico compatibili con i valori delle costituzioni democratiche. Le sole norme che regolano l'attività economica non sono sufficienti a raggiungere questo risultato, come dimostrano i risultati ondivaghi di un secolo di interventi antitrust in tutto il mondo.

Con Il mercato oltre le ideologie si conclude un'ideale trilogia del mercato pubblicata da Università Bocconi editore. Leggi le schede degli altri due volumi:

La crescita economica ci rende migliori. Ma solo se è diffusa
Concorrenza, il segreto esportabile della prosperità americana

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SCHEDA: Università Bocconi editore