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Per un nucleare 4.0

, di Diane Orze
Al di là di paure e preconcetti ideologici, il fisico Antonio Ereditato sottolinea l’importanza di rimettere la scienza al centro della discussione su questa fonte di energia. Perché lo sviluppo non si arresta e oggi propone soluzioni tecniche a costi più sostenibili che possono fare la differenza

La scienza è sotto attacco, e non solo nei talk show. Ideologie e paure spesso prendono il posto di dati e argomentazioni, soprattutto quando si parla di energia. È da qui che parte il fisico Antonio Ereditato, autore insieme al collega Stefano Buono  del volume Il nuovo nucleare - Rimettere la scienza al centro (Egea, 2025, pp. 136, € 16, in italiano), per spiegare come il nucleare rappresenti oggi non tanto una tecnologia da difendere, quanto un banco di prova per la nostra capacità per discutere in modo razionale del futuro. Dalla quarta generazione di reattori, più sicuri e sostenibili, alle sfide geopolitiche dell’indipendenza energetica, fino al ruolo decisivo che il nucleare potrebbe avere nel ridurre le disuguaglianze globali, Ereditato invita a una riflessione che va oltre il tema tecnico: in gioco c’è la stessa qualità della nostra democrazia.

 

Il titolo del vostro libro è chiaro: “Rimettere la scienza al centro”. Da cosa dobbiamo difendere oggi la scienza, e perché proprio il nucleare diventa il terreno di questa battaglia culturale?

 

È sotto gli occhi di tutti che oggi la scienza è attaccata da settori della società e della politica, a livello nazionale e internazionale. Per alcuni la scienza e il suo metodo, che nei secoli ci hanno aperto la via alla conoscenza e ci hanno portato a vivere meglio e più a lungo, sono divenuti un argomento di dibattito, talvolta strillato e senza argomenti, come avviene spesso per le materie più disparate. E il tema dell’energia non è da meno, con posizioni ideologiche e non basate su argomenti quantitativi. Purtroppo, la battaglia non è culturale, ma rispecchia un attacco ingiustificato proprio contro la cultura. 

Lei scrive che “l’energia è potere”, e che l’indipendenza energetica sarà uno dei fattori cruciali per la democrazia del futuro. In questo scenario, qual è il vero nodo strategico del ritorno al nucleare? È più tecnico, geopolitico o economico?

Nel libro mostriamo che l’energia è potere di fare le cose, di costruire e creare, di far vivere la vita. E, quindi, il possesso dell’energia e l’indipendenza energetica divengono vettori di democrazia e uguaglianza. I tre temi (tecnica, geopolitica ed economia) si intrecciano tra loro e contribuiscono in pari misura a motivare la necessità una riflessione pacata sui futuri portafogli energetici, segnatamente sul contributo del nucleare.

Cosa distingue davvero il “nuovo nucleare” dal vecchio? Può spiegare cosa significa, in concreto, passare dalla terza alla quarta generazione di reattori?

Il passaggio di generazione è analogo a quello avvenuto con l’invenzione dei personal computer: si passò allora dai grandi mainframes centralizzati degli anni ’70-’80 a un potere di calcolo distribuito capillarmente. I nuovi reattori sono più piccoli (da decine a poche centinaia di Megawatt, confrontate a qualche Gigawatt dei grandi reattori attuali), più economici perché modulari e realizzati industrialmente e, soprattutto, più sicuri, efficienti e sostenibili. Tecnicamente questo si può ottenere, per esempio, mediante lo sfruttamento dei neutroni veloci, il raffreddamento a sali o metalli liquidi, e l’uso delle scorie dei vecchi reattori come parte essenziale del materiale fissile.

Nel libro sostenete che il nucleare sarà fondamentale anche per ridurre le disuguaglianze globali. In che modo può contribuire a riequilibrare i rapporti tra Nord e Sud del mondo?

È naturale che una maggiore distribuzione dell’energia contribuisca a ridurre le disuguaglianze e a venire maggiormente incontro alle esigenze delle società più sfavorite. Il Sud del mondo ha bisogni primari che spesso non gli sono riconosciuti: il cibo, l’acqua, la conoscenza, la democrazia e, non ultimo, l’accesso a un’energia pulita, economica ed efficiente, qual è il nucleare di quarta generazione.

Quali sono oggi le principali applicazioni del nucleare civile oltre alla produzione di energia? E sono poco conosciute dal pubblico?

Un esempio tra i tanti sono le applicazioni mediche. Come illustriamo nel libro, oggi il nucleare contribuisce alle moderne diagnostica e terapia medica. Le cure radiologiche anticancro salvano milioni di vite in tutto il mondo e, grazie a dispositivi diagnostici come la PET, gravi patologie possono essere identificate per tempo e con maggiore accuratezza. Spesso tali argomenti, ritenuti troppo tecnici e, in qualche misura, acquisiti, non partecipano al dibattito nella società a favore di temi più “facili” e di pancia. Una maggiore e migliore opera di informazione e comunicazione è essenziale da parte degli addetti ai lavori, inclusi gli stessi scienziati.

Dal punto di vista economico, oggi il nucleare è davvero competitivo rispetto alle fonti rinnovabili? Quali sono le condizioni perché possa diventarlo in modo stabile?

Oggi il costo del kilowattora nucleare è basso, benché i costi di costruzione dei reattori di attuale generazione (da ammortizzare comunque in molte decine di anni di funzionamento ininterrotto) siano arrivati a decine di miliardi di euro per una grande centrale. Per il futuro, la combinazione di piccoli, economici e capillarmente diffusi SMR (Small Modular Reactors) porterà a un’ulteriore riduzione dei costi dell’energia per gli utenti, tenuto anche conto dei minori costi di trasporto, gestione e della drastica riduzione dei complessi sistemi ancillari.

Parliamo di costi e tempi di realizzazione: quanto incide oggi la burocrazia, a livello europeo, sullo sviluppo del nuovo nucleare? E cosa bisognerebbe cambiare?

I tempi necessari per il progetto, le autorizzazioni e la costruzione di un reattore nucleare dipendono da Paese a Paese, in Europa e nel mondo e sono effettivamente molto lunghi. Uniformare molte procedure o creare passarelle “accelerate” fra le autorità dei diversi paesi, potrebbe aiutare l’uniformità del design e quindi la modularità di questi reattori, riflettendosi sui costi. Tutto ciò è facilitato dal fatto che parliamo di dispositivi piccoli, a basso impatto ambientale, di minore complessità e costo, e disegnati con criteri di sicurezza passiva che dovrebbero contribuire a ridurre fortemente la complessità delle procedure burocratiche e di autorizzazione.

Nel libro affrontate il tema delle fake news e delle paure infondate. Come si può comunicare oggi il nucleare senza cadere nella tecnocrazia né nel negazionismo?

Per autocitarci: mettendo la scienza al centro. Usando argomenti quantitativi e il più possibile oggettivi. Parlando serenamente di sicurezza, di costi, di benefici e dei tanti effetti collaterali positivi, come ad esempio la produzione accessoria di terre rare, idrogeno e calore industriale, e la possibilità per gli SMR di fungere da “spazzini nucleari” consumando le scorie radioattive accumulate nel mondo negli ultimi 80 anni.

Parliamo di accettabilità sociale. In Italia, nonostante i referendum, i sondaggi mostrano un crescente favore verso il nucleare. Cosa è cambiato, secondo lei, nell’opinione pubblica?

Tre fattori principali: 1) la necessità alla decarbonizzazione, molto sentita dalle nuove generazioni, 2) la consapevolezza dell’importanza dei fattori economici, balzati alla ribalta a causa delle recenti turbolenze internazionali sull’energia, e 3) il fatto che tra i reattori attualmente in funzione e quelli di quarta generazione vi è la stessa differenza che c’è tra una vecchia automobile degli anni Cinquanta, e le moderne auto di oggi, con molti sistemi di sicurezza attiva e passiva, e che costano, consumano e inquinano meno.

La Francia ha appena rilanciato il suo programma nucleare. L’Italia può permettersi di restare fuori da questo sviluppo europeo? E quali sarebbero le conseguenze economiche per il nostro Paese?

La Francia ha da sempre adottato una politica bipartisan sull’energia e sul nucleare in particolare, mirando all’indipendenza energetica e alla convenienza economica. Non a caso, saranno verosimilmente i francesi a beneficiare per primi in Europa dei primi reattori di quarta generazione, prodotti dalla newcleo di Stefano Buono. Se l’Italia sarà fuori da questa nuova “corsa all’oro” il prezzo da pagare sarà altissimo: ci sarà un gruppo di Paesi che detterà l’agenda economica e politica agli altri. 

Lei ha vissuto la trasformazione del CERN da giovane fisico a direttore di laboratorio all’Università di Berna. Quanto conta oggi l’ecosistema della ricerca europea nella corsa all’energia del futuro?

Come ha detto recentemente Mario Draghi, l’Europa rischia l’irrilevanza politica. Mi permetto di aggiungere, anche quella economica, se non punterà decisamente e coordinatamente su scienza e sviluppo tecnologico, mitigato e guidato da quei principi sociali ed etici che dal Dopoguerra sempre stati il marchio di fabbrica del nostro continente. Non dimentichiamo che l’Europa (e l’Italia) non ha grandi risorse energetiche, ma un notevole soft power rappresentato dai suoi ingegneri, ricercatori e tecnologi, e dalle loro notevoli e riconosciute competenze.

Nel libro si parla anche di space economy, medicina, batterie, diagnostica. Qual è l’ambito di applicazione del nucleare che l’appassiona di più, oggi?

Posso dire che personalmente sono eccitato da tutti i potenziali sviluppi che ha elencato. Forse il legame del nuovo nucleare con la space economy e la medicina sono i due aspetti più presenti nell’immaginario collettivo.

Il libro si chiude con uno “sguardo al 2050”: un mondo dove il nucleare è diffuso, sicuro, verde. È uno scenario realistico o un auspicio da scienziati ottimisti?

Noi riteniamo, con l’ottimismo della ragione, che le nostre siano visioni realistiche del mondo che verrà.

Se potesse rivolgersi direttamente agli studenti e ai giovani ricercatori italiani, cosa direbbe loro sul futuro del nucleare?

Di comportarsi nei confronti del nuovo nucleare allo stesso modo in cui si relazionano ai futuri sviluppi della bioingegneria, del calcolo quantistico e della ricerca in cosmologia: agire seguendo la loro curiosità, col rigore della scienza e con l’ambizione di costruire un mondo migliore.