Porti, l’immobilismo costa un miliardo di euro l’anno all’erario
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Oliviero Baccelli, Mauro Ravasio, Giuliano Sparacino |
La mancata modernizzazione dei porti italiani si traduce in una perdita secca per l'erario di oltre un miliardo di euro l'anno, indicano Oliviero Baccelli, Mauro Ravasio e Giuliano Sparacino, ricercatori del Certet (Centro di economia regionale dei trasporti e del turismo dell'università Bocconi) in Porti italiani. Strategie per l'autonomia finanziaria e l'intermodalità. Il caso dei porti liguri (Egea, 2007, 224 pagine, 22 euro). E concedere alle Autorità portuali di trattenere una piccola quota delle entrate fiscali eventualmente generate da tali ammodernamenti potrebbe assicurare la realizzazione di lavori attesi da anni e l'afflusso di denaro fresco nelle casse dello Stato.
Dal 2000 al 2005 la movimentazione dei porti italiani nel settore container è cresciuta del 37%, un risultato solo apparentemente lusinghiero, perché va paragonato al 62% dei porti spagnoli, concorrenti regionali diretti, al 58% di quelli del Nord Europa e al 129% di quelli asiatici. Nel settore container, quello in maggiore crescita, in cinque anni i porti italiani, nell'ambito del Southern Range (i cinque maggiori porti del Mediteranneo nord-occidentale: Valencia, Barcellona, Genova, la Spezia e Marsiglia), hanno perso nove punti percentuali di quota di mercato, passando dal 42% al 33%. Anche i porti più dinamici dell'Africa settentrionale (Damietta, Port Said, Tangeri) crescono molto più in fretta dei nostri.
Dal 1994, quando sono entrati in funzione i nuovi terminal di Voltri e Gioia Tauro, non si registrano investimenti infrastrutturali significativi per i porti italiani. Procedure troppo complesse, che comportano cinque-sei anni di discussioni per decidere investimenti di centinaia di milioni di euro che portano a un periodo altrettanto lungo di cantiere e ad opere che possono durare una cinquantina d'anni, hanno scoraggiato ogni genere di operatore.
Gli autori suggeriscono di assecondare la logica suggerita dalla Finanziaria 2007 (in attesa di decreti attuativi), che prevede di raggiungere l'autonomia finanziaria delle Autorità portuali attraverso la devoluzione alle stesse di una quota dell'Iva e dei dazi generati dai terminal. Per i soli porti liguri il valore di queste tasse è di circa 4 miliardi di euro l'anno. In pratica, una sorta di project financing basato non su tariffe, ma sui flussi fiscali che, secondo gli autori, dovrebbe incentivare la realizzazione di progetti economicamente sensati.
La simulazione della realizzazione di tre terminal di tipo diverso in Liguria (container, cereali e frutta) e della generazione di flussi fiscali, mostra che il trasferimento del 5% dell'Iva generata da un terminal container sarebbe sufficiente a garantire all'Autorità portuale l'autonomia finanziaria necessaria a realizzare l'opera, in affiancamento agli investitori privati. Sono più alte, invece, le quote di Iva da devolvere nel caso di un terminal cereali (24%) e frutta (35%).
Le entrate fiscali potrebbero, infine, aumentare se il sistema venisse razionalizzato, sull'esempio di quanto già avviene all'estero. Importi unitari dei diritti non aggiornati e uno sbilanciamento verso i canoni demaniali fanno sì che, a parità di valore della merce transitata, a un valore indice di entrate fiscali pari a 100 per Marsiglia ne corrisponde uno di 84 per Valencia, 37 per Genova e 29 per Savona e La Spezia.