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L'uomo come pianificatore sociale e la natura del diritto

, di Marco Garavelli
Damiano Canale commenta la Planning Theory of Law di Scott Shapiro, criticandone l'onnicomprensivita'

Il filosofo americano e professore a Yale Scott Shapiro, nel suo recente libro intitolato Legality, punta ad offrire una visione originale del fondamento e delle caratteristiche distintive dei fenomeni giuridici. Nel fare ciò, l'ambizioso tentativo di Shapiro porta con sé un nuovo metodo di ricerca nel campo della Jurisprudence che si pone oggi al centro della discussione in questo campo di studi.

Sul metodo di Shapiro si concentra Damiano Canale (Dipartimento di Studi Giuridici), nel suo articolo Looking for the Nature of Law: on Shapiro's Challenge (in Law and Philosophy, 2012, Vol. 31, n. 4, doi: 10.1007/s10982-011-9125-y). Canale, infatti, ritiene che il metodo suggerito da Shapiro si riveli come "uno dei risultati più interessanti della sua ricerca nella filosofia del diritto". Al contempo, Canale giunge alla conclusione che il lavoro di Shapiro avanza una pretesa esplicativa troppo ampia: non solo pretende di individuare l'essenza del diritto, ma anche di dar conto, alla luce di quest'ultima, di qualsivoglia fenomeno giuridico osservabile empiricamente.

Nello studio della natura del diritto, Shapiro adotta una proccio di tipo ontologico, capace di condurre ad individuare le condizioni necessarie e sufficienti di esistenza di un fenomeno giuridico.

Occorre, quindi, rispondere alla seguente domanda: "Che cosa rende un'entità giuridica ciò che essa è?". La ricerca da svolgere richiede al teorico del diritto di assumere le vesti di un investigatore: per ogni concetto giuridico si deve raccogliere il maggior numero possibile di truismi – ossia di assunzioni che sono ritenute vere in modo auto-evidente. Raccolto, così, per il tramite delle nostre intuizioni, un insieme di considerazioni "di senso comune" circa cosa il diritto sia, si deve intraprendere la costruzione di una teoria in grado di fornire la miglior spiegazione possibile a tali considerazioni.

La miglior spiegazione possibile di quale sia la natura del diritto, secondo Shapiro, è quella fornita dalla nozione di "piano" elaborata da Michael Bratman: le norme giuridiche sarebbero cioè dei piani d'azione utili per coordinare e guidare l'agire individuale in attività il cui compimento richiede l'agire altrui. Sulla base di questo principio, anche il classico problema dell'origine dell'autorità del diritto (cosa viene prima, la norma che conferisce potere all'autorità, o l'autorità che emana la norma?) può essere risolto: le norme generano obblighi perché soddisfano una delle esigenze di base del comportamento umano, quella di pianificare l'azione collettiva: esse risolvono dubbi e disaccordi e distribuiscono diritti e responsabilità.

Canale, nel suo articolo, avanza una serie di critiche al progetto di Shapiro, tese ad evidenziare i limiti dei suoi presupposti teorici e alcune suo conseguenze controintuitive.

Anzitutto, Canale ravvisa una non giustificata pretesa di universalità dell'ipotesi di Shapiro. La domanda a cui rispondere è la seguente: se le norme fossero dei piani, riuscirebbero a svolgere il ruolo che hanno nella realtà quotidiana? Poiché la risposta è negativa, si ricava che le tesi di Shapiro non forniscono una solida giustificazione dell'asserita capacità dei piani di generare obblighi.