L'unico rating affidabile e' quello positivo
Le agenzie di rating hanno richiamato l'attenzione per la loro incapacità di prevedere crisi importanti (si pensi ad Enron, Worldcom e Parmalat, nonché alla recente crisi dei mutui subprime). Giuliano Iannotta (Università Bocconi) analizza la percezione che gli investitori hanno dei rating in un recente studio pubblicato dal Centro per la ricerca applicata in finanza (Carefin) dell'Università Bocconi di Milano.
È noto che il rating è una delle variabili più rilevanti nel determinare lo spread. In altre parole, gli investitori attribuiscono un ruolo così importante alle agenzie che il costo del debito per le banche e gli altri emittenti è in gran parte determinato dal rating. Per esempio tra il 1999 e il 2007 il tasso di interesse medio delle obbligazioni di migliore qualità (AAA nella terminologia di Standard and Poor's, Aaa per Moody's) è superiore solo dello 0,3% al tasso sui titoli di stato di pari scadenza. Nello stesso periodo il tasso di un bond con rating BBB-/Baa3 è quasi 3 punti percentuali maggiore dei titoli di stato. Quindi, ipotizzando un tasso sui titoli di stato pari al 2%, una banca che avesse emesso obbligazioni per €500 ml (un taglio normale per le banche europee) con rating BBB-/Baa3 pagherebbe €25 ml di interessi ogni anno. Nel caso di obbligazioni per lo stesso ammontare ma con rating AAA/Aaa, la banca dovrebbe pagare solo €11,5 ml. L'esempio illustra il rilevante impatto che le agenzie di rating hanno sul costo della raccolta.
Tuttavia, l'affidamento degli investitori sulle agenzie si è dimostrato pericoloso, specie nel caso di crisi impreviste. La domanda è dunque la seguente: gli investitori si fidano ancora dei rating? In generale, la risposta è affermativa. Tuttavia, l'accuratezza del rating nello spiegare lo spread è influenzata da alcune caratteristiche delle obbligazioni, tra cui il rating stesso: il rating prevede in modo molto accurato lo spread delle obbligazioni di qualità migliore, ma appare meno rilevante nel caso delle emissioni peggiori. In altre parole, gli investitori considerano un rating AAA/Aaa più "informativo" di un rating BBB-/Baa3: un AAA/Aaa indica un basso rischio, un BBB-/Baa3 è in media più rischioso, ma non necessariamente. Obbligazioni con rating AAA/Aaa pagano in media un differenziale (spread) di 0,3% sui titoli di stato, con scostamenti limitati da questo livello medio. Invece, obbligazioni con rating BBB-/Baa3 pagano uno spread medio del 3%, ma lo spread richiesto alle singole emissioni può risultare anche di molto superiore o inferiore rispetto al 3%.
Questi risultati supportano l'idea che la fiducia degli investitori nelle agenzie sia limitata solo alle obbligazioni migliori, in quanto, in caso di emissioni più rischiose, gli investitori guardano al di là dei rating. Questa conclusione è importante anche alla luce del dibattito sul ruolo della disciplina di mercato come supporto ai metodi tradizionali di vigilanza. Basilea 2 prevede che la disciplina di mercato sia uno dei tre pilastri su cui dovrebbe basarsi il controllo delle banche. Mentre i primi due pilastri si focalizzano sulla regolamentazione del capitale e sulla vigilanza bancaria a livello nazionale, il terzo pilastro ha lo scopo di incrementare la trasparenza delle banche, per favorire una reale disciplina di mercato. L'idea è semplice: se il rischio di una banca sta aumentando, gli investitori dovrebbero "punire" quella banca chiedendo un tasso di interesse più alto sulle sue obbligazioni, così incrementandone il costo della raccolta. "Se gli spread dipendessero solo dai rating, la cosiddetta disciplina di mercato sarebbe piuttosto la disciplina delle agenzie di rating" afferma Iannotta. "e le autorità condividerebbero l'onere della vigilanza con le agenzie, piuttosto che con gli investitori". Questa eccessiva fiducia nei rating potrebbe rivelarsi pericolosa se le agenzie fossero poco tempestive ed accurate nelle loro valutazioni (come è già accaduto in passato). "I risultati della ricerca appaiono incoraggianti" conclude Iannotta "poiché mostrano che gli investitori non si fidano del solo rating quando valutano le obbligazioni più rischiose".