La riforma delle agenzie pubbliche: un'occasione perduta?
I governi che si sono succeduti negli ultimi venti anni hanno posto la riforma del sistema pubblico in cima alla lista delle priorità dei loro programmi. La mancanza di un disegno coerente di riforma ha però inficiato l'attuazione di un cambio sostanziale. A dieci anni dal dlgs n. 300 del 1999, che promuoveva una riforma strutturale dell'organizzazione del governo centrale, una ricerca Sda Bocconi condotta da Dario Barbieri, Paolo Fedele, Davide Galli ed Edoardo Ongaro, ne ha analizzato l'impatto sui processi di indirizzo e controllo delle agenzie pubbliche. Il decreto istituiva 11 nuove agenzie, tra le quali le cosiddette agenzie fiscali (Entrate, Demanio, Dogane, Territorio). L'implementazione della riforma si è rivelata nel tempo fortemente problematica in quanto solo le quattro agenzie fiscali sono state create seguendone i principi. Nonostante ciò, la comparazione tra le agenzie costituite prima della riforma e quelle successive evidenzia come le prime siano caratterizzate da un rapporto "burocratico" con la struttura ministeriale di riferimento: esse godono di una maggiore autonomia di definizione dei propri obiettivi (nel 50% dei casi li decidono autonomamente); la proceduralizzazione delle loro attività risulta rilevante ma non eccessivamente vincolante; la regolarità amministrativa e contabile è fondamentale come elemento per la loro valutazione da parte dei ministeri di riferimento (nel 37% dei casi). Le amministrazioni costituite dopo il 1999 sono a loro volta caratterizzate da un rapporto "contrattuale" (in senso organizzativo) con i ministeri di riferimento: ciò implica una maggiore componente negoziale nella definizione degli obiettivi (nel 58% dei casi sono negoziati col ministero di riferimento); un ruolo determinante dei ministeri nella valutazione delle loro attività; una valutazione basata su parametri stabiliti attraverso una negoziazione concernente una serie di indicatori di gestione riferiti alla qualità del servizio e alla loro efficienza ed efficacia (nel 46% dei casi).
I risultati evidenziano come in taluni casi vi sia stato un miglioramento dei meccanismi di indirizzo e controllo, apparentemente attraverso il superamento del cosiddetto "paradigma amministrativo". Nella agenzie di meno recente costituzione, al contrario, la percezione della regolarità amministrativa risulta essere tuttora considerata espressione precipua della gestione. I meccanismi di controllo assumono la finalità di certificare la legittimità degli atti anziché incentivare una efficiente ed efficace implementazione delle politiche pubbliche.L'uniformità dell'implementazione degli strumenti di indirizzo e controllo nelle agenzie pubbliche rappresenta quindi un problema tuttora non risolto. L'estensione del sistema di incentivi e sanzioni e la sua effettiva utilizzazione in accordo a un sistema di incentivazione legato al raggiungimento di obiettivi assegnati all'amministrazione e la reale autonomia nella dimensione negoziale appare in tal senso un possibile strumento utile a supportare la diffusione di una cultura del risultato e della responsabilità sostanziale, contribuendo così a creare una nuova forma di responsabilizzazione manageriale nelle pubbliche amministrazioni. Rimane insoluto il dilemma sulla reale natura della contrattualizzazione del rapporto tra ministeri ed agenzie e l'effettivo utilizzo di sistemi premianti o punitivi a fronte di buone o cattive prestazioni: si tratta di fatti o di meri atti formali?