John Donohue, quando le scienze sociali salvano la vita
Chi pensa che il lavoro accademico non possa essere "emotivamente estenuante" non conosce John Donohue, C. Wendell and Edith M. Carlsmith Professor di giurisprudenza alla Stanford Law School e short term visiting professor alla Bocconi dove, in queste settimane, insegna law and economics. Negli ultimi sei anni i suoi interessi accademici lo hanno condotto nei bracci della morte delle carceri del Connecticut e il suo lavoro è utilizzato come prova in un processo che deciderà la sorte di cinque prigionieri condannati a morte, e forse di altri sei.
Con un dottorato in giurisprudenza alla Harvard Law School, la sua specializzazione è l'utilizzo dell'analisi empirica per valutare l'impatto delle leggi e delle politiche pubbliche in un'ampia gamma di aree. Ha deciso di aggiungere alla sua formazione in legge un PhD in Economia (che ha ottenuto a Yale nel 1986) per acquisire competenza nell'uso degli strumenti statistici necessari in questo campo scientifico. "Ero rimasto particolarmente colpito da un classico studio di Isaac Ehrlich sulla pena di morte, che sosteneva che ogni esecuzione salva otto vite umane. Le conclusioni mi lasciavano scettico, ma dovevo acquisire maggiori conoscenze di econometria per essere davvero in grado di giudicare lo studio.Ora posso affermare che quello studio conteneva errori metodologici", spiega Donohue.
Negli anni successivi Donohue ha applicato l'analisi empirica a diversi temi sociali, tra cui i diritti civili, la discriminazione, il crimine, il finanziamento delle scuole e il crescente tasso di incarcerazione negli Stati Uniti ("È vero che riduce i tassi di criminalità, ma solo fino a un certo punto, e negli stati Uniti i costi hanno ormai superato i benefici").
Il punto di svolta della carriera di Donohue, sei anni fa, è stata la richiesta, da parte del responsabile dei difensori d'ufficio del Connecticut, di valutare l'arbitrarietà dell'applicazione della pena di morte nello stato per un processo che coinvolgeva cinque condannati che sostenevano che il processo decisionale, nei casi di sentenza di morte, è arbitrario e condizionato da distorsioni geografiche e razziali.
Le conclusioni del suo studio ("L'arbitrarietà e la discriminazione sono caratteristiche intrinseche all'applicazione, nello stato, della pena capitale, che rappresenta una politica di giustizia criminale caotica e fallace, inefficace sia in termini di deterrenza, sia in termini di punizione") hanno innescato in Connecticut un processo di ripensamento, che ha portato, nell'aprile del 2012, all'abolizione della pena di morte per i casi futuri.
Nulla, tuttavia, è stato deciso riguardo la sorte degli 11 prigionieri attualmente rinchiusi nei bracci della morte del Connecticut, ragion per cui il processo prosegue, con Donohue nel ruolo di testimone esperto. "Riprenderà il 19 novembre, quando sarò di ritorno negli Stati Uniti", calcola, "e dovrebbe concludersi in una settimana. Ma serviranno, poi, alcuni mesi perché i giudici prendano una decisione".
"In retrospettiva, lavorare a questo rapporto ed essere coinvolto in un processo è stato molto più duro del previsto, una cosa che ha cambiato la mia vita e quella della mia famiglia. Non prevedevo fino in fondo come sarebbe stato entrare in un braccio della morte o essere attaccato con violenza al processo da un esperto ingaggiato dallo stato del Connecticut, che sta cercando di togliere credibilità ai risultati del mio rapporto. Ma la sua competenza è esclusivamente statistica e ritengo che avere sia una formazione legale, sia una statistica costituisca per me un grande vantaggio – soprattutto perché i fatti sono dalla mia parte".
Prima di tornare negli Stati Uniti, Donohue discuterà di diritti umani e sistemi penali, il 16 novembre, alla Quarta Conferenza Mondiale Science for Peace (Aula Magna Bocconi, 16 e 17 novembre 2012).