Contatti

Il Leprotto giallo e altre storie di piccole imprese

, di Fabio Todesco
Perché l’organizzazione che ti fa diventare il re dello zafferano non funziona nella radiofonia? La storia di 28 imprese insegna a fare i conti con il proprio mercato e il profilo professionale dei lavoratori

Marina Puricelli
Organizzare le piccole imprese.
Storie e casi aziendali

Egea, 2007
360 pagine, 25 euro

La piccola impresa non è più considerata il regno della disorganizzazione, né un ambito nel quale sia possibile trapiantare senza adattamenti le logiche della grande impresa. Marina Puricelli, in Organizzare le piccole imprese. Storie e casi aziendali (Egea, 2007, 360 pagine, 25 euro), raccoglie e razionalizza 28 casi aziendali, leggendoli alla luce di un modello che fa dipendere l'assetto organizzativo ideale di una piccola impresa dalla sua posizione competitiva sul mercato di riferimento e dal profilo professionale dei collaboratori. In altre parole, non esiste una soluzione adatta a ogni situazione e in molti casi anche assetti apparentemente controintuitivi nella loro inarticolatezza possono rivelarsi efficaci.

È il caso, racconta Puricelli, della Bonetti, la società leader in Italia nello zafferano, con marchi come Leprotto o Tre cuochi, o della Nardini (grappa), imprese di successo nonostante, o forse grazie a, un assetto organizzativo elementare, che bene si adatta a nicchie di mercato ben controllate e a un profilo professionale medio-basso. Sta di fatto che i due responsabili della produzione della distilleria riescono a interfacciarsi con la pletora di rappresentanti della famiglia proprietaria utilizzando metodi raramente suggeriti nelle business school: "Il coordinamento con i Nardini avviene spesso e volentieri attorno a un tavolo imbandito, parlando in dialetto, tra il ricordo di qualche memorabile mangiata e la proposta di sostituire qualche impianto, se proprio è necessario" – e funziona.

Puricelli illustra con altri casi gli stadi caratteristici e i problemi più ricorrenti nella piccola impresa. La delega e la creazione del gruppo dirigente sono esemplificati da imprese come Dalla Palma o Editoriale Domus; le problematiche dell'integrazione tra diverse unità dentro l'azienda vengono meglio comprese alla luce delle storie di radio Deejay o della Dallara; la crescita e lo sviluppo organizzativo trovano spiegazione articolata nell'evoluzione degli zainetti Seven; il processo di successione imprenditoriale trova uno dei suoi campioni in Donnafugata; il Club degli orafi è uno dei casi più efficaci di accordi tra piccole imprese.

Se l'assetto elementare, con un imprenditore centrale da ogni punto di vista, flussi di informazione informali e aspetti emotivi e sociali a distorcere la razionalità delle scelte, è adatto a un ambiente competitivo favorevole e a un profilo professionale dei dipendenti medio-basso, assetti diversi risultano premianti quando la situazione cambia. Si può fare fronte a una competizione più serrata, nonostante un profilo professionale di non grande qualità, affidandosi a un assetto collaborativo, che sfrutta ogni possibile forma di cooperazione con l'esterno. L'assetto innovativo (strutturato, razionale, con l'imprenditore che delega parecchie funzioni ai manager) è il più adatto a una competizione feroce affrontata con risorse umane molto qualificate. Se il profilo professionale è alto, pur in un ambiente competitivo facile, è bene che prevalga un assetto diffuso, ovvero una struttura molto orizzontale che privilegi la creatività e il gruppo al riporto gerarchico.

LEGGI la scheda di un altro libro sulla piccola impresa: Paolo Preti e Marina Puricelli, "L'impresa forte"

ACQUISTA il libro online