Esclusiva Ue e accordi bilaterali
Con il Trattato di Lisbona, entrato in vigore l'1 dicembre 2009, la competenza dell'UE relativamente alla politica commerciale comune viene definita espressamente come esclusiva. Inoltre tale competenza esterna viene estesa anche agli investimenti diretti esteri. In tali materie solo l'UE può negoziare e concludere accordi internazionali con paesi terzi, vincolanti anche per gli stati membri.
Nel suo New developments on the scope of the EU Common Commercial Policy under the Lisbon Treaty: Investment Liberalization vs Investment Protection? (in K. P. Sauvant, Yearbook on International Investment Law and Policy, Oxford University Press, in corso di pubblicazione) Anna De Luca (Dipartimento di Studi Giuridici) discute l'estensione della competenza esterna dell'Unione agli 'investimenti esteri diretti'. In particolare è analizzata criticamente la posizione della Commissione europea.
In primo luogo, secondo la Commissione la competenza esterna dell'UE in materia di investimenti esteri diretti includerebbe tutti gli aspetti della protezione degli investimenti esteri che sono regolati dagli accordi bilaterali sulla promozione e protezione degli investimenti conclusi dagli stati membri con gli stati terzi. In secondo luogo, la competenza esterna in materia di investimenti esteri diretti impedirebbe agli stati membri la negoziazione di nuovi accordi bilaterali e la modifica o la sostituzione degli accordi bilaterali già in vigore. In terzo luogo tale competenza, estesa dal Trattato di Lisbona agli investimenti esteri diretti, renderebbe gli accordi bilaterali degli stati membri con i paesi terzi incompatibili con il diritto dell'UE.
Innanzitutto, l'autrice analizza da un punto di vista storico il contenuto della politica commerciale comune post-Lisbona. Sono descritte e analizzate l'evoluzione e le successive revisioni delle norme dei trattati in materia e i problemi posti dalle stesse sul piano internazionale (in particolare nel contesto del WTO). Dall'analisi storica, secondo l'autrice la 'nuova' competenza UE sugli investimenti esteri diretti riguarda principalmente la liberalizzazione degli investimenti esteri diretti e non la protezione degli investimenti, regolata dagli accordi bilateriali. Lo scopo principale della politica commerciale comune post-Lisbona è proprio la liberalizzazione ed eliminazione delle restrizioni sugli investimenti diretti esteri. Allo stesso tempo l'estensione della politica commerciale comune agli investimenti esteri diretti risolve i problemi posti dalla competenza condivisa degli stati membri e dell'UE in materia di stabilimento iniziale di imprese non-EU e contribuisce a rafforzare l'unità del mercato unico, pregiudicato parzialmente dalla diverse politiche degli stati membri in materia di accesso di investitori stranieri.
L'analisi dell'autrice prosegue con un esame della libera circolazione dei capitali e del diritto di stabilimento nel mercato unico e della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE. Dall'analisi l'autrice conclude che, in primo luogo, il diritto di stabilimento e la libera circolazione dei capitali non suggeriscono una liberalizzazione incondizionata dei capitali vis-à-vis i paesi terzi. I principi elaborati dalla Corte in materia di circolazione dei capitali riguardano solo i movimenti di capitali nel contesto intra-UE e non sembrano esportabili ai movimenti di capitali tra Stati membri e paesi terzi. In secondo luogo, la circolazione dei capitali e il diritto di stabilimento non riguardano la protezione degli investimenti come garantita dagli accordi bilaterali degli Stati membri. Esse invece garantiscono alle imprese di ciascuno Stato membro l'accesso e condizioni non discriminatorie di operatività nei mercati degli altri Stati membri ma non la protezione contro le espropriazione o altre misure pregiudizievoli degli investimento. L'autrice conclude che gli accordi bilaterali degli Stati membri con i paesi terzi non sembrano in linea generale incompatibili con la nuova competenza dell'Unione.