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Distretti, morte annunciata

, di Elisabetta Marafioti e Fabrizio Perretti - rispettivamente, Sda professor di strategia e imprenditorialita' e professore associato del Dipartimento di management e tecnologia della Bocconi
Letale l'attenzione dei produttori di macchinari per i mercati esteri

Che i distretti industriali italiani siano in crisi non è una novità. Studiosi, analisti ed esperti hanno evidenziato il rischio di una loro estinzione già da diversi anni. Le cause sono spesso state attribuite ad una mancanza di competitività sui mercati internazionali. E se invece tale effetto fosse proprio la conseguenza del successo sui mercati esteri delle imprese che operano nei distretti?

L'analisi dell'evoluzione, a partire dagli anni Settanta, dei tassi demografici della popolazione delle imprese appartenenti ai distretti calzaturieri italiani, evidenzia una relazione significativa tra l'esportazione dei macchinari per la produzione calzaturiera e l'aumento della mortalità dei produttori di calzature. Tale fenomeno è stato oggetto di una ricerca (International Strategies and Declusterization: A Dynamic Theory of Italian Clusters) ed è riconducibile alle caratteristiche distintive del distretto. Il distretto può infatti essere visto come una combinazione unica di competenze e di risorse tangibili ed intangibili che si sono accumulate e sviluppate, spesso lentamente, nel corso del tempo attraverso complesse interazioni economiche e sociali tra le imprese che lo costituiscono.Attraverso l'applicazione dell'approccio resource-based, possiamo quindi affermare che l'insieme delle risorse e competenze necessarie per la produzione e lo sviluppo di un prodotto finale competitivo sul mercato sono interne al distretto, ma esterne a ciascuna delle singole imprese che lo compongono. In un distretto industriale, le cui origini soprattutto in Italia sono riconducibili a produzioni storicamente artigianali, la relazione verticale tra imprese a monte (produttrici di macchinari) ed imprese a valle (utilizzatrici dei macchinari per la produzione di prodotti finali destinati al consumo) fa sì che le prime siano i recettori e depositari delle conoscenze sviluppate dalle seconde nello sviluppo dei propri prodotti. L'esportazione dei macchinari da parte dei produttori a monte di un distretto non corrisponde quindi al trasferimento all'estero di un semplice bene materiale, bensì al trasferimento di un insieme di conoscenze accumulatosi nel distretto di origine da parte delle imprese a valle e che è stato condensato dai soggetti a monte in uno specifico macchinario. Il trasferimento di conoscenza determina un decremento del valore delle risorse e delle competenze del distretto e, in ultima analisi, una contrazione del vantaggio competitivo dello stesso. Tale contrazione si riflette inizialmente nelle imprese a valle che si trovano a competere con imprese straniere, spesso localizzate in paesi emergenti, che hanno così accesso agli stessi macchinari e sono in grado di produrre prodotti identici ma a costi inferiori, traendo vantaggio da un costo del lavoro nettamente inferiore. A questo primo effetto se ne aggiunge però un secondo. La scomparsa delle aziende calzaturiere fa venire meno il trasferimento di conoscenze tra imprese a valle ed imprese a monte. Il secondo effetto è pertanto l'indebolimento delle stesse imprese a monte che non possono più beneficiare dello stimolo continuo all'innovazione fornito dalle imprese a valle del distretto. L'analisi evidenzia come comportamenti individualmente razionali nei confronti di incentivi economici e competitivi presenti nel mercato siano in grado di determinare conseguenze negative a livello collettivo di distretto. È possibile risolvere tale contraddizione? Poiché si tratta di un problema a livello collettivo, la soluzione non può che essere ricercata a livello di filiera e attraverso strumenti di politica industriale volti a promuovere il coordinamento e la collaborazione fra gli attori del distretto.