Banche. Regolamentazione ex-post in tribunale
La crisi finanziaria ha messo a nudo le difficoltà delle autorità pubbliche di regolamentazione e supervisione delle banche nell'assicurare la solidità di alcuni istituti e, nel contempo, la stabilità dell'intero sistema.
Mancata percezione del rischio, sovrastima della capacità degli intermediari a reggere shock di carattere sistemico, nonché presunti abusi da parte del management, hanno contribuito a deteriorare i fondamentali principi di tutela degli investitori sui quali si dovrebbero reggere le logiche di mercato. Tipicamente, in alcuni paesi, come Stati Uniti, Canada e Australia, agli investitori danneggiati da azioni intraprese dalle società viene offerta la possibilità di tutelarsi e ottenere risarcimento attraverso strumenti privati di tutela collettiva (securities class action). Tali azioni sono in parte assimilabili alle class action ordinarie, comunemente esercitate dai consumatori per danni ambientali o da prodotto, ma differiscono per il fatto che sono svolte da portatori di interessi collocabili all'interno dell'azienda (piccoli azionisti, obbligazionisti) e non esterni come nel caso dei consumatori. Al pari delle class action ordinarie, i veri protagonisti delle securities class action sono i grandi studi legali i quali, grazie alle risorse finanziare a loro disposizione, hanno ampie possibilità di monitorare il mercato per identificare le aziende che presentano segni di inoculata gestione delle proprie attività. In questo senso, si ipotizza che le securities class action non si limitino a rivestire un ruolo puramente risarcitorio nei confronti degli investitori danneggiati, ma abbiano anche una funzione attiva nella regolamentazione e nella supervisione degli intermediari attraverso l'enforcement della disciplina di mercato. Un recente studio condotto sul sistema bancario negli Stati Uniti (Dalla Pellegrina e Saraceno, Securities Class Actions in the US Banking Sector: Between Investor Protection and Bank Stability) rileva che le cause vanno a colpire istituti che effettivamente presentano evidenti elementi di eccesso di rischio e che questi ultimi tendono a correggere tali anomalie a seguito delle azioni intraprese. Tuttavia, non va dimenticato che l'innegabile logica di profitto perseguita dagli studi legali fornisce massicci incentivi a concentrarsi sugli illeciti commessi da società aventi buone capacità risarcitorie. Si riscontra, invero, che le banche oggetto di securities class action sono idonee, per dimensioni e redditività, a compensare in maniera adeguata i soggetti eventualmente danneggiati, nonché a remunerare i promotori delle azioni. Questo ultimo aspetto è di rilevanza fondamentale per mitigare l'acceso dibattito che si è sviluppato, soprattutto negli Stati Uniti, circa la paventata possibilità che tali strumenti privati di azione possano sostituirsi al supervisore pubblico nella disciplina del mercato. Lo studio sopracitato tende piuttosto a mettere in luce vantaggiose forme di complementarità tra il settore pubblico e quello privato nella regolamentazione ex post dei mercati e in particolare delle banche. In un interessante saggio del 2008, Bethel e altri (Bethel, Ferrell, Hu, Legal and Economic Issues in Litigation Arising from the 2007-2008 Credit Crisis) sottolineano come il grande flusso di securities class action che andrà a originarsi in seguito alla crisi del 2007-2008 sarà un utile strumento per identificare dove il mercato e le grandi banche hanno fallito nella valutazione del rischio minando di conseguenza la catena informativa e l'integrità di tutto il sistema finanziario. E chissà che le nostre autorità di regolamentazione non intravedano in questo strumento legale un'interessante opportunità da prendere in considerazione al fine di minimizzare la probabilità che in futuro si ripetano crisi dagli effetti così devastanti.