Alle banche non possono bastare due aspirine
Per le banche, la congiuntura del prossimo anno appare relativamente positiva. La lenta uscita dalla recessione dovrebbe comportare, nella seconda parte dell'anno, una riduzione del tasso di sofferenza dei prestiti, oggi elevato; ristrutturata la capacità produttiva, le imprese tornerebbero più affidabili, dunque meno costose per le banche in termini di 'cattivo credito'. Appare invece più difficile che la domanda di finanziamenti, da cui dipende parte dei ricavi del sistema bancario, conosca un consistente e rapido recupero; sembra più verosimile uno scenario di cauta ripresa, anche a causa del probabile aumento del costo del denaro. L'incremento dei tassi dovrebbe poi consentire alle banche maggiori profitti sulla raccolta, visto che i rendimenti pagati ai clienti seguiranno solo con ritardo la risalita dei saggi di mercato. Infine, se proseguirà la tendenza dei mesi più recenti, il recupero del mercato azionario migliorerà la redditività del risparmio gestito, perché le masse su cui si calcolano le commissioni aumenteranno in parallelo alla ripresa dei prezzi e perché i clienti, superato il grande spavento, torneranno a chiedere prodotti più rischiosi e più redditizi per chi li produce. Altre voci di ricavo potranno beneficiare di un clima di mercato più disteso in cui sia possibile programmare collocamenti azionari, acquisizioni e altre operazioni straordinarie.
Tutto ciò potrebbe però rappresentare una minaccia per il sistema: vi è infatti il pericolo che il clima di scampato naufragio rallenti un indispensabile processo di riforma. Le autorità internazionali intendono presentare proposte concrete entro i primi mesi del nuovo anno e tradurle in riforme entro l'autunno, dopo aver sondato le opinioni degli operatori circa il possibile impatto delle nuove regole. Se queste scadenze venissero modificate, o se le nuove regole diventassero meno incisive, il sistema bancario verrebbe privato dei necessari cambiamenti strutturali.Tali cambiamenti riguardano, in primo luogo, l'introduzione di regole che inducano i banchieri a 'mettere fieno in cascina' nei periodi di espansione, per essere in grado di sostenere le perdite che emergono nelle fasi recessive. Le autorità internazionali stanno guardando con molta attenzione alla normativa spagnola, che prevede un sistema di accantonamenti obbligatori il cui fine è proprio quello di rendere le banche meno vulnerabili al ciclo economico. Una recente ricerca del Carefin (Centre for applied research in finance) dell'Università Bocconi ha mostrato che l'introduzione di regole di questo tipo in Italia ridurrebbe considerevolmente la volatilità dei profitti e il rischio di salvataggi a carico del bilancio statale. Altre riforme attengono al rischio di liquidità, un pericolo a lungo sottovalutato nella presunzione che il mercato fosse sempre in grado di prezzare e scambiare qualunque attività finanziaria (mentre la crisi ha dimostrato che se manca il lubrificante della trasparenza e della fiducia, il meccanismo si ingrippa) e al ruolo dei derivati 'over the counter' (scambiati senza garanzie e dunque suscettibili di creare rapide voragini nel settore finanziario se una singola grande istituzione sperimenta difficoltà). Altre ancora sono allo studio, ma è essenziale che il processo non rallenti. Guai se nel 2010 banchieri e politici si illudessero che, dopo la sbornia del credito facile e i tormenti della grande crisi, tutto sia passato con un paio di aspirine.