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Quindici consigli per trovare l'investitore giusto

, di Elisa Bazzani
Dall'empatia alla credibilita', dal realismo alla tempestivita': i finanziatori che il 24 novembre parteciperanno al marketplace di Bocconi Startup Day spiegano come catturare la loro attenzione

Trovare il giusto investitore per la propria startup nasconde tante incognite e difficoltà quante se ne incontrano quando si cerca di mettere a fuoco l'idea giusta di business. Ma in entrambi i casi l'errore da non commettere è arrendersi perché, parafrasando Thomas Edison, «non hai fallito. Hai solamente provato 10mila metodi che non hanno funzionato». E proprio la perseveranza e la dedizione è uno dei 15 consigli per scegliere e farsi scegliere dall'investitore giusto che abbiamo raccolto in questo servizio. A darli sono cinque dei circa 30 investitori che parteciperanno il 24 novembre al Marketplace organizzato in occasione del primo Startupday della Bocconi: l'occasione per le 35 startup selezionate di presentare la loro idea e trovare il finanziatore su misura. Ecco i consigli di: Alessandro Anzani di Smartup Capital; Sandro De Luca di Mountain Partners; Paola Garibotti di Unicredit; Valeria Lazzaroli di Equi e Fabio Lorenzo Sattin di Pivate equity partners SGR.

Alessandro Anzani, general partner di Smartup Capital e vice president of entrepreneurship della Bocconi Alumni Association New York
Una vision contagiosa Di solito fondare una startup significa lavorare pressoché gratis durante il primo anno. Per questo è importante che il leader sia capace di trasmettere il proprio entusiasmo con costanza. Ma con la vision, oltre a soci e partner, deve essere in grado di contagiare anche l'investitore: questo significa presentarsi con una società già registrata e in cui è già stato investito tutto il denaro di cui si poteva disporre. Solo così si dimostra di credere davvero nel proprio progetto e si convince qualcun altro a salire a bordo.
Tempestività Innanzitutto è bene far provare il prodotto ai consumatori non appena possibile, perché questo è l'unico modo per avere un feedback affidabile e ridurre i rischi. Spesso il mercato dà una risposta completamente diversa da quella che ci si aspetta, nel bene o nel male. Inoltre, non è mai troppo presto per cercare un investitore. Molti startupper tendono a posticipare i costi iniziali, in attesa di una valutazione più favorevole. Questo però toglie benzina all'impresa, perché la priva della possibilità di evolvere, invece raccogliere i fondi fin da subito aumenta le probabilità di sopravvivenza.
Delegare non è vietato Al contrario! Certamente è bene mantenere all'interno dell'impresa gli aspetti core, cioè lo sviluppo del prodotto e le vendite. Detto questo, una società è una comunione di risorse e intenti, in cui si lavora con e per i partner e gli altri colleghi: alla possibilità di delegare i compiti e di esternalizzare aspetti non core bisogna guardare non con timore, ma con grande interesse, perché rappresenta un'occasione concreta di attrarre talenti e risorse.

Sandro De Luca, business developer presso Mountain Partners e fondatore di Dott8
Uno skill set complementare Di solito un buon team si riconosce dal calibro delle persone che ricoprono tre ruoli fondamentali, che in prospettiva corrispondono al Ceo, al Coo e al Cfo oppure al Cto in base al tipo di startup. È importante che le competenze di queste figure si completino a vicenda, perché non si può pensare di fare tutto da soli. Una combinazione vincente si raggiunge solo se è stato sviluppato un business model solido: per farlo consiglierei di utilizzare Business model canvas, uno strumento strategico che permette di rappresentare tutti i pilastri del business model in una sola immagine.
Testare in continuazione Le startup davvero innovative mettono in discussione il paradigma di un certo settore, interrompendone lo status quo. A queste condizioni è quasi impossibile fare previsioni affidabili nel lungo termine, perciò è necessario verificare continuamente il presupposto su cui il progetto si basa, e bisogna farlo al più presto, magari servendosi di un prototipo o del cosiddetto minimum viable product. L'intuizione iniziale va bene, ma deve essere supportata da un approccio basato su dati certi e su un procedimento di verifica continua. È uno dei principi del lean startup method.
Smart money Il denaro non è che un prodotto. Quello di cui una startup ha davvero bisogno sono know-how e network, e il contesto migliore per trovarli sono gli incubatori, soprattutto per gli imprenditori alle prime armi, perché danno la possibilità di sviluppare competenze che di solito non si imparano all'università. Se l'idea di partenza è buona, trovare i finanziamenti è l'ultimo dei problemi e lo startupper dovrebbe essere davvero molto selettivo quando sceglie un investitore o un business angel, chiedendosi se quella è davvero la persona che assicurerà le maggiori potenzialità di evoluzione.

Paola Garibotti, head of country development plans, Unicredit
Le presentazioni innanzitutto Per colpire un investitore ci vuole un pitch sintetico ma efficace. Bisogna chiarire fin da subito come è costituito il team, qual è il prodotto o la tecnologia su cui si basa il progetto e in quale fase questo si trova. Oltre al mercato di riferimento e al business model, l'investitore vorrà anche conoscere gli altri pilastri su cui si basa la startup: sono state già avviate altre partnership? Quanto capitale è necessario e come sarà utilizzato? La cifra finale richiesta è coerente con quanto è appena stato presentato?
Le dimensioni del mercato Gli investitori desiderano sentire la proposta di una soluzione innovativa e difendibile, che risponda a un bisogno reale del mercato. E questo mercato deve essere di dimensioni sufficienti per soddisfare le aspettative dell'investitore: cominciare a testare il prodotto in Italia è un ottimo primo passo, ma il modello deve essere scalabile sul mercato globale e la strategia per l'espansione all'estero chiara fin da subito. Ignorare questo aspetto è un errore che commettono molte startup italiane.
No management, no startup Un team solido e completo è un fattore essenziale agli occhi di qualsiasi investitore. Se è vero che in una startup devono essere rappresentate tutte le anime di un'impresa, dalla ricerca, alla finanza, al marketing, alla tecnologia, la presenza di un ruolo manageriale forte è assolutamente imprescindibile. È proprio la sinergia tra il ruolo del manager e tutti gli altri che garantisce il buon funzionamento dell'intera struttura.

Valeria Lazzaroli, chief executive officer di EQUI Investments e fund manager di EQUI Private Equity Fund
Realismo Qualsiasi imprenditore deve essere in grado di quantificare il valore del proprio progetto e rendersi conto che quando un investitore finanzia una startup sta facendo una scommessa. Non ha senso avanzare richieste irrealistiche per la quota di partecipazione. Al contrario, mostrare consapevolezza del fatto che debito e capitale di rischio devono essere bilanciati aumenta le probabilità di ottenere successo, perché ispira fiducia nel finanziatore ed è una dimostrazione di buon senso.
Credibilità Deve essere dimostrata, ma anche ricercata in un investitore. È bene rivolgersi in prima battuta alle associazioni di categoria, come l'Aifi, Associazione italiana del private equity e venture capital, che filtrano i soggetti in base a criteri rigorosi di trasparenza e affidabilità. Naturalmente sono soprattutto le startup più innovative che devono prestare particolare attenzione alla divulgazione del progetto. Inoltre i fondi strutturati spesso sono in grado di supportare una startup in termini di commercializzazione, comunicazione e internazionalizzazione utilizzando le loro partecipate, e questo chiaramente diminuisce i costi.
Non solo app Dal momento che le risorse per lo sviluppo di un paese sono limitate, per essere competitivi con i mercati emergenti i modelli industriali tradizionali hanno bisogno di essere innovati e sviluppati così da aumentare qualità ed efficienza della produzione. Per questo le startup in grado di valorizzare l'intervento umano nell'ambito della old economy attraverso le tecnologie d'avanguardia sono in assoluto le più interessanti. Questo principio si applica soprattutto alla piccola manifattura e alla fashion industry per quanto riguarda il contesto italiano.

Fabio Lorenzo Sattin, presidente e fondatore di Private Equity Partners SGR Spa e professore a contratto senior di Private equity e venture capital all'Università Bocconi
Preparazione È fondamentale affrontare la fase che precede l'incontro con l'investitore con la massima serietà. Un bravo startupper è sistematico nel prepararsi alle domande che gli saranno poste e sa già qual è il business model del suo progetto, se questo è brevettabile, quali sono i modi e i tempi del ritorno economico, i possibili interlocutori, le potenzialità del suo eventuale team e come si colloca la concorrenza. L'investitore poi non può che essere rassicurato se il business model è già stato testato sul mercato.
Empatia Naturalmente è bene individuare un business angel all'interno del settore in cui si è deciso di operare, perché quando ci si rivolge a un finanziatore non si cercano soltanto i soldi, ma un vero e proprio connubio. Molto spesso un business angel rivede sé stesso nello startupper che si rivolge a lui ed oltre al supporto economico è in grado di fornire anche consulenze e contatti. Mettersi nei panni dell'investitore, comprendendone e anticipandone le preoccupazioni, aumenta le probabilità di successo.
Dedizione È un tratto comune a tutti gli imprenditori. Indipendentemente dal settore in cui operano e dal loro titolo di studio, sono costantemente assorbiti dal loro progetto imprenditoriale. Solo così si arriva preparati all'incontro con l'investitore. È quasi un'ossessione, e i business angel la riconoscono a chilometri di distanza, essendoci passati loro stessi. Ogni imprenditore mette in conto che riceverà molte porte in faccia ma non si arrende finché non avrà raggiunto il suo scopo: da questo si riconosce il vero leader di un team.