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La ricerca economica al servizio della salute

, di Anna Boccassini
Fattore (Cergas): Senza il filtro di una valutazione economica costibenefici delle nuove tecnologie, e' a rischio la sostenibilita' economica dei sistemi sanitari pubblici europei

"La sanità italiana ha realmente bisogno di ricerca economica per utilizzare al meglio le risorse per la tutela della salute delle persone. La ricerca che svolgiamo è perciò al servizio della salute". Secondo Giovanni Fattore, supervisore scientifico dell'Osservatorio Farmaci (Osfar) del Centro di ricerche sulla Gestione dell'assistenza sanitaria e sociale (Cergas) dell'Università Bocconi, la comunità scientifica dei valutatori economici in sanità in Italia ha bisogno di essere rafforzata e di diventare più attiva, in linea con quello che avviene nei principali paesi europei.

L'Area valutazione economica del Cergas Bocconi svolge da vent'anni ricerca economica sulle tecnologie sanitarie e sui farmaci, sviluppando valutazioni costo-efficacia, costo-utilità e costi-benefici, ed è il principale centro di ricerca in Italia nel settore. La vera sfida è però oggi quella di diventare top anche a livello europeo. "Dobbiamo confrontarci soprattutto con i centri di ricerca stranieri", spiega Fattore. "I nostri principali competitors sono il Centre for Health Economics Research dell'università di York, il centro di ricerca della Rotterdam University e della Stockholm School of Economics". Centri con i quali la Bocconi ha sviluppato, negli ultimi anni, anche collaborazioni per svolgere progetti comuni.

La Bocconi ha ospitato, poco prima della pausa estiva, il più importante appuntamento italiano per gli studiosi della materia: il quinto convegno nazionale di Farmacoeconomia, dal titolo "La ricerca economica al servizio della salute". Un convegno promosso da Cergas Bocconi, Cesav dell'Istituto Mario Negri e Wolters Kluwer Health, in collaborazione con l'Associazione italiana di economia sanitaria e con il patrocinio della Società italiana di farmacia ospedaliera. Si tratta di un appuntamento annuale dedicato alla ricerca economica, che accetta e promuove contributi di natura interdisciplinare, dal momento che nel settore della farmacoeconomia le competenze economiche si incrociano con competenze tecnico-specialistiche legate al farmaco.

La prima giornata dei lavori è stata dedicata al tema dei costi-benefici dei farmaci, cioè all'analisi economica volta a valutare se l'utilizzo di un farmaco con risorse pubbliche è giustificabile e sostenibile. Il programma ha visto l'avvicendarsi di contribuiti sia metodologici sia empirici su specifici farmaci. "Ciò che è emerso è che i sistemi sanitari pubblici europei hanno bisogno di filtrare le nuove tecnologie, inclusi i farmaci, proposte e messe sul mercato, in modo che siano assicurate soltanto tecnologie efficaci e costo-efficaci, ovvero con un accettabile rapporto tra costi e benefici. Senza questo filtro è a rischio la sostenibilità economica di tutti i sistemi sanitari pubblici europei e quindi anche di quello italiano – spiega Fattore –. In altre parole, è importante che in ambito sanitario ci sia un reale governo dell'innovazione tecnologica, che avvenga attraverso criteri di valutazione sia di efficacia sia di razionalità economica: ed è proprio questo il ruolo degli economisti. Il problema è che non possiamo permetterci qualsiasi cosa venga immessa sul mercato, perché sempre di più l'innovazione tecnologica è ad altissimi costi, ma ha benefici marginali per il paziente estremamente modesti".

La politica del farmaco in Italia è stata al centro dei lavori della seconda giornata. In particolare, il dibattito si è incentrato su come conciliare politiche regionali autonome con il diritto nazionale di ricevere livelli adeguati ed omogenei di assistenza. "Da un lato – osserva Fattore – i poteri sono in mano alle regioni, dall'altro si vuole mantenere comunque un sistema di garanzie nazionale. Nel farmaco, per esempio, siamo l'unico paese in Europa in cui ci sono differenze da regione a regione per quanto riguarda la compartecipazione alla spesa: un cittadino emiliano non paga nulla quando consegna una ricetta in farmacia, mentre un cittadino lombardo paga una quota fissa, sia pur modesta, ma sempre comunque un contributo. Quindi il tema è come conciliare il regionalismo con il fatto che la tutela della salute dovrebbe essere, almeno secondo la nostra costituzione e le leggi vigenti, un diritto nazionale".

"Nel corso del convegno – continua Fattore – tutti hanno concordato sul fatto che l'Italia deve promuovere seriamente iniziative di technology assessment, perché in materia è rimasta indietro rispetto alla maggior parte dei grandi paesi europei. Iniziative, queste, che dovrebbero essere coordinate e promosse a livello nazionale. Attualmente, invece, c'è una dispersione di energie, perché su temi tanto importanti lavorano in parallelo diverse regioni, mentre in tutti gli altri paesi si va sul modello nazionale di agenzie. Nonostante tutto, è però anche emerso che, anche in confronto con quella inglese, la politica farmaceutica italiana è radicalmente migliorata dalla metà degli anni '90 ed è ora, su molti aspetti, un punto di riferimento in Europa".