Il futuro della scienza tra pubblico e privato
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Silvano Tagliagambe |
Lo sviluppo della scienza si gioca nello spazio intermedio tra l'ambito privato del calcolo, dell'intuizione, dell'osservazione e della sperimentazione e quello pubblico della comunicazione e dell'interscambio. Così, sostiene l'epistemologo Silvano Tagliagambe nel suo Lo spazio intermedio. Rete, individuo e comunità (Università Bocconi editore, 2008, 238 pagine, 16 euro), è convinzione sempre più diffusa tra gli studiosi che la rivoluzione che ha portato alla nascita del pensiero scientifico moderno sia da attribuire alla diffusione di strumenti di comunicazione efficaci, come il libro e la posta, a disposizione della nascente comunità scientifica. La rete di internet, con la possibilità di creare relazioni, organizzazioni e comunità anche dove esse non esistono fisicamente, fa presagire una nuova rivoluzione, in cui il sapere potrà essere condiviso all'interno di gruppi più ampi e meno esclusivi.
Tagliagambe accompagna il lettore in un percorso originale, che gli fa scoprire, a partire da un gruppo di pensatori russi di inizio Novecento, quanto sia vivo il dibattito che riguarda gli spazi liminali o intermedi, che consentono la mediazione tra realtà diverse, siano esse la coscienza e l'ambiente, i diversi strati dell'atmosfera, il sé e l'altro. Persino il concetto di identità personale può essere rielaborato in termini relazionali, non solo di relazione tra il sé e l'altro, ma di relazione e dialogo tra i diversi sé che si susseguono nel tempo. L'esistenza degli spazi intermedi è quella che rende possibile il dialogo e la partecipazione, mentre la compressione di questi spazi, già nella concezione di Hannah Arendt, spiana la strada al totalitarismo.
Se la conoscenza è un bene comune e relazionale, con l'avvento di internet si può osservare lo sviluppo di un'intelligenza connettiva, indicativa "non solo della possibilità, ma anche dell'esigenza di potersi riferire a forme di intelligenza non individuale, ma tuttavia sterilizzate, per così dire, da ogni possibile contaminazione con le idee dell'ingegneria sociale, della concentrazione dei poteri in un unico centro dispotico dell'economia pianificata".
"Nel continuo andirivieni fra spazio pubblico e spazio privato l'identità personale di ciascuno di noi e l'idea stessa di socialità e di soggetto collettivo escono profondamente segnate e mutate", scrive Tagliagambe, che conclude mettendo in guardia dal rischio di eccessiva pubblicizzazione del privato: tra le due sfere deve permanere uno spazio intermedio, uno scarto che impedisca ai due piani di sovrapporsi.
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