Formare generazioni senza confini
Che cosa vuol dire essere europei o cittadini del mondo? Probabilmente per ciascuno di noi esserlo assume un significato o delle sfumature diverse. A marzo, ci siamo più volti posti questo interrogativo in Bocconi, complici il 60esimo anniversario dei Trattati di Roma e l'appuntamento dedicato alla globalizzazione e alle sfide per l'Europa di Bocconi research for Europe and the world economy (Brewe), l'iniziativa volta a fare in modo che le scienze sociali possano far sentire la propria voce nel dibattito pubblico.
La risposta che preferisco dare è quella che riguarda il mio essere docente. Come professore infatti intendo contribuire a preparare generazioni di cittadini e operatori del settore pubblico o privato in grado di affrontare senza pregiudizi e con capacità analitiche tutte le sfide che incontreranno nella loro vita personale e professionale. Per farlo crediamo sia prima di tutto fondamentale insegnar loro a superare i confini, di qualunque natura essi siano. Vanno in questa direzione tutti gli sforzi per rendere il nostro ateneo un campus pienamente internazionale, che favorisca, in sede o attraverso le possibilità di studio e lavoro all'estero, un continuo confronto con culture ed esperienze diverse.
Ma la diversità, intesa come ricchezza e patrimonio, vuol dire anche capacità di dialogo e comprensione non solo tra persone ma anche tra saperi disciplinari. Come ricercatori lo abbiamo imparato subito, come docenti dobbiamo trasferirlo ai nostri studenti anche fornendo loro strumenti adeguati. Un passo in questa direzione è l'aver introdotto, dal prossimo anno accademico, un insegnamento di Python, il linguaggio di programmazione, a tutti i nostri triennalisti: indispensabile per avvicinare economisti, manager e giuristi ai data scientist e all'analisi dei big data sempre più necessaria per comprendere il mondo che ci circonda.
Anche quell'Europa e quel mondo globalizzato che oggi a tanti fanno paura e di cui parliamo nella storia di copertina.
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