Edward: l'artista che fotografa l'immobilismo italiano
Italia paese di creativi. "Sì, ma con il gusto dell'autocelebrazione e con una cultura, in particolare quella visiva, piuttosto conservatrice". Il giudizio di Edward Rozzo è tranchant, ma arriva da chi, nato a New York e laureatosi in belle arti con specializzazione in fotografia alla Rhode Island School of Design, ha però vissuto a Milano per buona parte della sua vita. Edward quindi l'Italia, e la sua cultura dell'immagine e del bello, la conosce bene. Ha fatto per molti anni il fotografo prima di moda e poi industriale, ha esposto le sue foto, frutto di un estro che spazia su più campi, a Milano, Torino, Firenze, Verona e in Francia, ha insegnato fotografia all'Accademia di belle arti di Bergamo, all'Istituto europeo di design di Milano, ed è stato l'artefice della creazione, all'inizio degli anni Ottanta, di Brera Fotografia, alla omonima Pinacoteca. Oggi, tra le sue attività, c'è la docenza di critica della cultura visiva al Cleacc della Bocconi.
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Una foto di Edward Rozzo che ritrae i lavori di una galleria della linea ad alta velocità tra Bologna e Firenze |
La sua storia di fotografo inizia negli States, dove all'università ha come maestro quel Harry Callahan considerato uno dei grandi innovatori della fotografia americana. Dopo la laurea, siamo nel 1970, si stabilisce in Italia. Il suo approccio con Milano, negli anni dell'esplosione della moda italiana nel mondo, avviene attraverso il lavoro di assistente a un fotografo dell'ambiente. "Ma della moda mi sono stancato presto", racconta Edward, "e sono passato quindi alla fotografia aziendale e industriale". In questo settore, dove lavora per marchi del calibro di Pirelli, porta però l'occhio, l'attenzione per i dettagli e la cura della luce del fotografo di fashion. "Si trattava", spiega, "di comunicare attraverso le immagini la struttura, l'etica e la visione dell'azienda, in un'era in cui internet non esisteva e, di conseguenza, la visibilità delle imprese era differente". Oggi il lavoro di corporate photograpy è più ridotto, proprio grazie alla rete, mentre la richiesta è per i video: "I quali richiedono una qualità altissima, che rasenta il cinema, sempre con l'obiettivo di raccontare non solo il prodotto, ma anche chi lo fa e perché". Accanto all'attività di fotografo industriale ci sono poi i suoi progetti personali. Rozzo ha esposto ad esempio alla Biennale della fotografia a Torino, alla Fondazione Corrente a Milano e al Museo di fotografia Alinari di Firenze. Nel 1998 il suo lavoro "Urgent stories" è stato esposto alla mostra "Un nouveau paysage humain" ai Rencontres internationales de la photographie ad Arles, in Francia, mentre la sua mostra "Pensieri urbani" è stata ospitata, tra il 1999 e il 2000, dal Castello Sforzesco di Milano. E c'è il suo profondo coinvolgimento nell'attività di insegnamento. Tra il 1982 e il 1984 viene chiamato dal direttore della Pinacoteca di Brera per dare vita al progetto Brera Fotografia, poi insegna all'Accademia di belle arti di Bergamo, a Milano allo Ied e al Watson Ibm Centre for management di Bruxelles, dove tiene alcuni seminari sulla comunicazione visiva. Successivamente si sposta in Svizzera, all'Ecole superieur d'arts appliques di Vevey. Dal 2004, infine, la cattedra di critica della cultura visiva all'università Bocconi.
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La nuova sede del Sole 24 Ore fotografata per la brochure aziendale |
E nel suo corso in via Sarfatti, Edward spinge gli studenti a guardare in maniera aperta alla realtà che li circonda. Un'apertura mentale che deve riguardare anche ciò che, nell'immaginario collettivo, è uno dei punti di forza del nostro paese, la presunta padronanza di ciò che è bello e di buon gusto. "Viviamo in un mondo totalmente visivo eppure nessuno investe più di una manciata di tempo per imparare i linguaggi dell'immagine", esordisce il fotografo. "Siamo autoreferenziali e, quando vediamo qualcosa che esula dalla nostra cultura, lo consideriamo brutto o di scarso valore. Ciò che cerco di dare ai ragazzi sono gli strumenti necessari a comprendere la nostra realtà". Capire chi siamo anche attraverso l'immagine che ci costruiamo di noi, elemento non sempre facile da realizzare, visto che, come sottolinea Edward Rozzo, l'Italia "è un paese fondamentalmente ignorante quanto a cultura visiva. Siamo il paese in cui si concentra l'apice della moda e del design, eppure non sperimentiamo. In questo senso, siamo chiusi all'innovazione, preferiamo seguire la regola". E chi non la segue, chiaro, "viene tagliato fuori". E rincara: "L'Italia ha mille motivi più che giusti per essere orgogliosa di sé, però a volte questa autocelebrazione offusca il nostro giudizio". C'è poi da dire che la società dei social network, con i milioni di fotografie e di video di pessima qualità che intasano la rete, di certo non aiuta ad elevare il livello della cultura del bello. Ma su questo Edward è possibilista. O meglio, sottolinea come questa sia un'evoluzione né giusta, né sbagliata, e comunque inarrestabile. "Come le lingue si modificano continuamente, come l'italiano non è che la volgarizzazione del latino, così la cultura fotografica degli scatti casuali che è nata con i social network non è che una trasformazione del linguaggio 'alto' della fotografia. È un approccio spontaneo che, volente o nolente, fa parte della trasformazione sociale e culturale. In fondo, non è una novità la battaglia tra chi detiene ciò che è consolidato e chi invece parteggia per la trasformazione". È il motivo per cui, tra l'altro, nel corso che tiene in Bocconi, Edward non insegna storia della fotografia, "bensì una storia dell'evoluzione del gusto". Una differenza forse sottile, ma in cui è racchiuso tutto il messaggio del professore della cultura visiva.