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#DearBocconiansInAction ... di Chiara Solerio

, di Chiara Solerio - Academic fellow, Dipartimento di marketing
Docente di marketing e soccorritore esecutore della Croce Rossa di Milano, Chiara ogni giorno sale sulla sua ambulanza per entrare nelle case dei malati di Covid19 e trasferirli in ospedale. Per farlo, ci racconta, ho costruito la mia cassetta degli attrezzi utile alla battaglia

Il racconto è quello comune a centinaia di soccorritori, volontari e dipendenti, che, ogni mattina, vestono una divisa e scendono in campo. Si tratta di una corsa contro il tempo per fermare un mostro completamente, o quasi, sconosciuto all'umanità almeno fino a poche settimane fa. La prassi è più o meno sempre la medesima: ci chiama la Centrale e comunica che il paziente è un sospetto Covid e che bisogna agire come da protocollo. Il mezzo di soccorso arriva sul posto e si procede con la vestizione: solitamente si veste un soccorritore solo ed entra, solo, in casa del paziente. Sono io di prassi a vestirmi (tuta, calzari, mascherina, occhiali, doppi guanti) mentre i miei compagni mi controllano, garantendomi che non sia esposta alcuna parte del mio corpo. Gli occhi dei compagni che mi hanno controllata a fondo sono i medesimi che poi mi seguono, a distanza, in casa del paziente, come a rassicurarmi che nella gestione del servizio non sono sola. Il paziente viene quindi valutato e, in accordo con la nostra Centrale Operativa, trasportato in ospedale. Nel caso ci attende in pronto soccorso un "percorso sporco", quello destinato ai sospetti Covid; e poi io, insieme al mio equipaggio, mi dedico ad un lungo e piuttosto delicato processo di svestizione e di sanificazione del mezzo. Il "protocollo Covid" ha parzialmente modificato il nostro modus operandi in ambulanza, settando tuttavia una nuova routine che nelle settimane noi soccorritori abbiamo appreso, fatto nostra e ripetuto tante volte da farci l'abitudine. Ciò che invece non è possibile rendere abitudinario è il nostro stato d'animo.

Difficile razionalizzare cosa io abbia provato in queste settimane. La certezza è l'intensità con cui ho sentito ogni emozione. I primi giorni si sono rivelati un mix potenzialmente letale di terrore e adrenalina, aggravati da una condizione di sostanziale asimmetria informativa in cui non sapevamo cosa stavamo combattendo e quali armi sarebbero state necessarie per sconfiggere il mostro. Così, come in procinto di iniziare un "nuovo lavoro", ho costruito la mia cassetta degli attrezzi utile alla battaglia. Ogni soccorritore ha la propria. Ci serve per svolgere il nostro ruolo in maniera professionalmente adeguata e emotivamente vicina. Che cosa contiene la mia? La paura: in ogni servizio continuo ad aver paura, ed è un bene perché la paura mi costringe a mantenere alta l'attenzione e mi aiuta a ridurre il rischio di errore. La grinta: ho visceralmente voglia di portare avanti ogni giorno, ogni servizio, il compito che sono chiamata a fare, ossia assistere chi è in difficoltà. Il coraggio: io voglio credere che la situazione migliorerà. Il sorriso: la mascherina lo nasconde ma gli occhi lo rivelano. Non è un sorriso di felicità; è il sorriso della rassicurazione, quello che grida "io ed i miei colleghi siamo qua, e tu non sei solo/a". L'unità: in ambulanza, con la mia squadra, non esiste la solitudine. Tre persone, sei mani che lavorano, unite, nella medesima direzione, con il medesimo obiettivo. L'orgoglio: sono profondamente orgogliosa della divisa che porto e di quanto la Croce Rossa, ed in particolare il Comitato di Milano, sta facendo per il nostro territorio.

Lo smonto dal servizio ed il relativo rientro a casa è, per me, il momento più difficile. Il corpo è oramai al sicuro, ma la mente è esattamente là, dove ogni mattina tutto (ri)comincia. Penso a tutti i meno fortunati, a chi ha contratto il virus: ricordo ogni singola espressione della loro paura, ma anche ogni singola espressione della tenacia con cui dichiarano di non voler mollare. Penso ai famigliari e amici dei pazienti Covid o sospetti tali; e ricordo la forza di volontà con cui tentano di "contagiare" chi sta soffrendo. Penso a tutti i cittadini consapevoli, che consapevolmente si comportano bene scegliendo ogni giorno di stare a casa; e penso altresì a quanti cittadini, ciascuno nei limiti delle proprie forze, hanno scelto di mettere a disposizione il proprio tempo per aiutare la comunità (la Croce Rossa, Comitato d Milano, ha ricevuto più di 2 mila richieste di volontariato temporaneo. Milano c'è. E vuole lottare). E penso, infine, a quanti oggi sono lavorativamente fermi: giungerà presto il momento in cui medici, infermieri, soccorritori, forze dell'ordine, soggetti che a diverso titolo oggi sono impegnati in prima linea, cederanno lo scettro e permetteranno loro di iniziare a combattere la loro personale battaglia.

Io, fino ad allora, non smetterò di offrire il mio servizio. Perché, come si dice nella nostra ambulanza "non si molla nulla e nessuno resta indietro".