Damiano e il suo impegno per gli Ultimi
Venire alla Bocconi significava laurearsi presto e bene, trovare un buon lavoro in una qualche azienda e iniziare la carriera. Un'idea generica comune a molti, quella di Damiano Angelucci, da Fano, che a 19 anni si trovano a programmare il proprio futuro, con le idee non del tutto chiare. Damiano si laurea in corso, nel 1992, dopo quattro anni passati quasi esclusivamente sui libri. "Era lo studio il mio unico obiettivo allora", spiega oggi Damiano Angelucci, "la laurea in Bocconi un traguardo di cui andare orgoglioso e un passaporto per il futuro". Ma la vita, anche quando la programmi meticolosamente, è capace di riservare sorprese.
"Io ero cattolico praticante, uno come tanti, e frequentavo ambienti cattolici. Entrai in contatto, quasi casualmente, con il mondo francescano e ne rimasi colpito, attratto, benché fondato su logiche e principi molto diversi da quelli che avevo studiato". E' la prima svolta, la seconda arriverà a breve, con il servizio civile che Damiano svolge presso la Caritas di Fano, accudendo i malati gravi di sclerosi multipla.
Nel frattempo ha anche iniziato il lavoro, presso la Confindustria di Pesaro. "La mattina mi capitava di assistere persone che soffrivano, che morivano, la sera cenavo con i rampolli delle dinastie imprenditoriali marchigiane. Per me, che fino allora avevo conosciuto la sofferenza solo da lontano, era un contrasto insopportabile, dovevo decidere da che parte stare".
E la scelta è stata radicale. Nel 1993 Damiano Angelucci entra in convento, nei frati Minori Cappuccini, e vi compie tutta la trafila: prima postulante, poi novizio, quindi i voti temporanei e poi quelli definitivi. Frate Damiano studia teologia, diventa anche sacerdote ("non tutti lo sanno, ma un frate può anche non essere un sacerdote"), e inizia a occuparsi dei giovani: "Ma nelle Marche non ci sono gravi situazioni di disagio", racconta frate Damiano, "e io volevo fare di più, dedicarmi ai 'minores', come nell'insegnamento di San Francesco". Frate Damiano sceglie di andare in Benin, piccolo stato stretto tra la Nigeria e il Togo e che si affaccia sull'Oceano Atlantico, dove i frati minori hanno un convento nel quale al momento convivono 5 frati italiani e 35 beninesi, "un paese poverissimo ma pacifico proprio perché non c'è nulla per cui combattere", spiega. "Ci sono molte etnie e molte religioni, ma senza particolari tensioni. Io sto a Cotonou, città affacciata sul mare e porto commerciale importante, l'unico centro economico di rilievo del paese. Qui mi occupo della formazione di frati".
Un compito delicato perché se la crisi di vocazioni è forte anche nel mondo occidentale, "ma il problema più grave sono i molti che abbandonano", precisa frate Damiano, in paesi poveri dove l'entrare in convento rappresenta anche una scappatoia da situazioni più gravi, lo è anche di più. "Devo aiutare i giovani che entrano in convento a capire se le loro motivazioni sono reali, e in questo compito sono molto duro", continua, "perché poi queste persone dovranno gestire ospedali e asili e solo persone formate bene garantiscono la continuità nel tempo. Il compito è arduo, mi è toccato sedare anche episodi di violenza che, se tollerati, rischiano di minare la serenità del convento. Su questi aspetti sono inflessibile". E in questo affiorano i ricordi degli studi in università: "E' lì che ho imparato una regola fondamentale, e cioè la ricerca dell'eccellenza in ogni cosa che si fa. Le cose si devono fare bene, sempre". Ora frate Damiano è in Italia, per problemi personali. Ma appena potrà tornerà in Africa: "Il mio futuro è là. E' una realtà dura, ma non sono solo, sento sempre una presenza costante accanto a me".