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Così l'economia diventa storia

, di Federico Farina
Uomini, imprese, modelli di sviluppo sono i suoi campi d’indagine. Marzio Romani, docente della Bocconi, apre i suoi archivi per spiegare le scienze economiche. Con uno sguardo al futuro

Non sembra nemmeno l'ufficio di un economista quello di Marzio Romani, docente di Storia economica. Non ci sono grafici, statistiche o monete alle pareti. Sulle ante degli armadi sono in mostra la prima pagina del Corriere della Sera del 15 giugno 1940, che annuncia l'ingresso di Hitler a Parigi, accanto a un avviso della curia di Piacenza che metteva in guardia contro i peccati del comunismo, e documenti notarili, lettere con grafie ottocentesche, manifesti ingialliti. Qui, nel più piccolo istituto dell'ateneo milanese, eppure il più grande d'Italia in materia di storia economica, si muove il professor Romani, un passato all'Ibm, gli occhiali spessi e le dita ingrigite dall'eterno scartabellare tra i volumi di archivi e biblioteche. Perché Romani è a tutti gli effetti uno storico. "Storico è il mio sostantivo", conferma, "economico è aggettivo".

Perché questa precisazione? Esiste una storia non economica?
La parola "economico" indica una specializzazione. Lo studio resta, nella sostanza, storico, cioè interessato all'uomo e alla società. Anche perché l'economia non spiega tutto. Gli uomini sono mossi da sogni, desideri, paure, obiettivi, elementi che hanno degli effetti sull'economia, ma che non possono essere studiati con i suoi mezzi, che so, con una derivata o una funzione.

Marzio Romani

Che cosa aggiunge una disciplina di questo tipo a una laurea in economia piuttosto che a una in storia?
L'economia, per essere studiata, dev'essere capita, e non sempre gli storici sono in grado di farlo. Al contrario gli economisti rischiano di chiudersi troppo in uno studio fuori dal tempo e dallo spazio, nel quale tutto è calato in un empireo privo dell'imprevedibilità e della fantasia dell'essere umano. Chiunque ambisca a diventare la classe dirigente di domani deve essere invece ben consapevole che i modelli raffinati degli economisti non sono la realtà.

Quali sono gli argomenti di studio della storia economica?
Nei corsi istituzionali le analisi sono su larga scala. Si studia, per esempio, come i paesi dell'Europa hanno preso strade e modelli di sviluppo differenti, quando è cominciato questo processo e le conseguenze alle quali ha portato. Nelle lezioni più specialistiche, o nei dottorati, affrontiamo realtà più micro. In questo momento c'è chi si sta occupando dell'organizzazione del cantiere del Duomo di Milano, della politica estera dell'Eni o delle rotte turistiche degli italiani.

Su quali fonti si compiono queste ricerche?
Su quelle tradizionali: documenti cartacei, libri, giornali. O anche un grattacielo, un ospedale o una fortezza. In questi casi si può studiare come siano stati reperiti i finanziamenti, quali siano stati la contabilità, le spese, i guadagni per le singole maestranze. Le fonti sono le stesse, cambiano le domande che si pongono. Se lo storico studia il principe rinascimentale nelle sue relazioni politiche e istituzionali con gli altri sovrani, quello economico si concentra sul suo bilancio, sull'amministrazione della corte: quanti ministri, quanti cuochi, quanti cavalli,...

Quanto tempo si trascorre tra archivi e biblioteche?
Molto. I documenti interessanti spesso si trovano in posti impensabili, in collezioni private, sconosciute, o in mezzo a mille carte meno utili. E' come essere cercatori d'oro, occorre setacciare molta sabbia per trovare qualche pepita. Però si viaggia anche molto.

Negli archivi si comincia e negli archivi si finisce dopo la laurea?
No, non necessariamente. E' vero che pochi studenti si iscrivono a Economia pensando di fare gli storici, però a molti capita di appassionarsi a questa materia. A loro io consiglio di non aver paura a chiedere una tesi in storia economica. La laurea resta sempre in Economia, nessuna strada gli sarà preclusa per questo. Anzi, a volte nei colloqui con i selezionatori una tesi storica suscita più curiosità.

Mi dica cinque tesi possibili in storia economica tratte dai giornali di questi giorni.
Le differenze tra le recenti scalate finanziarie, l'evoluzione dei rapporti commerciali Europa-Cina, la riforma delle liquidazioni, la storia di Parmalat, le indagini Istat sulla povertà in Italia. Ma nessuno di questi è un argomento davvero nuovo; per capire il futuro, spesso, basta guardare al passato. E' la grande lezione della storia, oltre che un'operazione di igiene mentale e un bell'esercizio di libertà.