Alla ricerca dell'eccellenza
Il primo decennio di vita dell'Università fu in gran parte dedicato al consolidamento dell'istituzione: alla ricerca del necessario riconoscimento del titolo, posto che ci si rese immediatamente conto che l'eccellenza degli studi da sola non avrebbe necessariamente garantito la sua sopravvivenza; al miglioramento del corpo docente; alla sperimentazione della formula la Bocconi dalla culla alla tomba; al potenziamento della ricerca economica, che Sabbatini intendeva realizzare attraverso la creazione di un 'Museo Sociale', un centro di ricerca che avesse sede presso l'università, ne fosse per così dire una integrazione e dispiegasse la sua azione principalmente con la costituzione di una speciale biblioteca corredata da tutte le pubblicazioni aventi interesse nei riguardi delle singole questioni sociali e con il compimento di inchieste - in Italia e fuori - per raccogliere ampi e sicuri fatti intorno a questioni diverse. Il tentativo, fallito a causa di tensioni e di incomprensioni tra gli enti partecipanti all'impresa, sarebbe divenuto uno dei cavalli di battaglia della generazione seguente.
La ricerca di percorsi innovativi fu ripresa da Pietro Bonfante (il nuovo Rettore succeduto a Luigi Majno) che affidò a Francesco Coletti il compito di sviluppare un Progetto per la creazione di un laboratorio statistico-sociale, sulla scorta delle ipotesi che Sabbatini aveva elaborato pochi anni prima. La 'grande guerra' impedì che il progetto fosse portato a termine e ne procrastinò la realizzazione all'inizio degli anni '20 quando Angelo Sraffa, ottenuti i necessari finanziamenti da un gruppo di industriali milanesi, diede vita ad un Istituto di economia e scienze sociali, la cui direzione venne affidata a Luigi Einaudi. Nel '26, costretto dai fascisti a lasciare la Bocconi, il professore torinese cedette la stessa a Giorgio Mortara.
Nel primo dopoguerra le tensioni e le tenzoni ideali ed ideologiche, politiche ed economiche alimentate dagli strascichi del conflitto mondiale favorirono l'instaurarsi di un clima di intimidazione e di violenza che si riflesse anche su quella che, sino a quel momento, era sembrata una enclave immune da contagi di quel tipo. L'episodio più grave avvenne nel febbraio del '22 quando il rettore Angelo Sraffa venne aggredito da uno sconosciuto all'ingresso dell'Università. L'episodio si sarebbe probabilmente chiuso con una denunzia contro ignoti se 'Il Popolo d'Italia' non avesse presentato una versione molto faziosa dei fatti in un articolo dal titolo: L'Università Bocconi contro i mutilati ed ex combattenti. Sraffa decise di ristabilire la verità dei fatti ricorrendo ad una commissione composta da Benito Mussolini, direttore de 'Il Popolo d'Italia', Alfredo Rocco, professore della Bocconi e personalità eminente del partito nazionalista, e Giulio Bergmann, presidente dell'Associazione milanese dei combattenti e dei reduci. Il positivo giudizio sulla serietà e la severità degli studi bocconiani, dato da Mussolini, rappresentò una patente che l'Università avrebbe presentato al regime tutte le volte che la sua scarsa fede fascista era messa in discussione.
Il processo innovativo venne completato all'inizio degli anni Trenta grazie alla decisione di Donna Javotte Bocconi di rendere imperituro il ricordo del consorte Ettore Bocconi, deceduto il 17 marzo 1932, con un cospicuo lascito destinato a finanziare un ente volto a consolidare la tradizionale supremazia della Bocconi sulle altre Scuole Superiori di Commercio, oltre a favorire, con un altro esempio fecondo, il progresso degli studi economici nazionali, operando a vantaggio di quella piccola minoranza di studenti, nella quale per legge naturale ogni istituto soltanto può attuare le sue più alte finalità creatrici di aristocrazie intellettuali. L'Istituto di economia 'Ettore Bocconi' nasceva come un istituto di alta cultura economica in seno al quale docenti italiani e stranieri avrebbero dovuto impartire cicli di lezioni su temi di carattere economico, oltre a definire, indirizzare e controllare le ricerche in campo economico di gruppi selezionati di studenti. La contemporanea presenza, in un luogo appositamente attrezzato per lo studio e la ricerca, di eminenti studiosi e di pochi studenti intelligenti e molto motivati, non avrebbe mancato di creare l'ambiente ideale alla crescita di una nuova aristocrazia del sapere. La direzione dell'Istituto venne affidata a Gustavo Del Vecchio, che lo avrebbe retto sino al 1938, quando i provvedimenti razziali lo costrinsero a lasciare l'insegnamento.
L'intenso dibattito avviatosi in Bocconi nel primo dopoguerra sui principali elementi di debolezza dell'Ateneo portò in luce rilevanti carenze nell'insegnamento delle materie della contabilità che più per deficienza di metodi che di programmi, non risponde più da tempo ai criteri informatori degli insegnamenti stessi. Da qui la richiesta, indispensabile e urgente per l'interesse degli allievi e il buon nome dell'Università di un riordinamento completo degli stessi, fatto con criteri severi, senza preoccupazione alcuna per le persone che eventualmente ne venissero colpite. Il consiglio demandò ad una commissione presieduta da Ludovico Mortara il compito di predisporre un nuovo progetto didattico, che portò alla nomina di un coordinatore per le discipline contabili (incarico affidato a Gino Zappa) e alla successiva creazione di un laboratorio d'economia privata (chiamato in seguito Istituto di ricerche tecnico-commerciali). Tra i fini di quest'ultimo quello di far sì che: i corsi di tecnica, di ragioneria e di organizzazione amministrativa, sorpassati i limitati schemi delle consuete descrizioni e delle frequenti esposizioni dogmatiche ad uso delle persone incolte, seguissero la via fruttuosa che già in altre scienze si percorre da tempo, concorrendo così ad attenuare lo stridore ancora troppo frequente tra costruzioni dottrinali e fatti concreti.