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Salvate il pompiere Todi

, di Todi Pessoa
Le disavventure di un principiante in Second Life

Immaginate un mondo popolato da qualche milione di neonati, ancora privi del controllo della muscolatura ma dotati di corpi da star adulte e senza una lingua condivisa per comunicare. Sbattono contro i muri, camminano sul fondo dei fiumi e delle piscine, si alzano in volo nei momenti meno opportuni, ti chiedono se parli ungherese, russo, francese, inglese, tedesco e, quando stai per rispondere, si spengono all’improvviso o decidono di cambiare aspetto. Benvenuti in Second Life, il mondo sintetico di cui tutti parlano e in cui pochi sanno muoversi.

Todi in volo sulla città

Todi Pessoa è nato un paio di settimane fa, alla fine di un processo un po’ tribolato. Il suo creatore ha vinto la naturale diffidenza verso un’organizzazione che, in uno dei primi passaggi dell’iscrizione, ti chiede il numero di carta di credito in cambio di alcuni linden dollar (L$), la valuta di Second Life. La carta di credito, spiegano le note, serve solo a conferma dell’identità dell’iscritto e i primi L$ sono attribuiti gratuitamente. A scanso di equivoci, il creatore evita di fornire i dati e Todi Pessoa comincia ad aggirarsi per Second Life povero in canna. Il processo di creazione dell’avatar è impegnativo. Nei primi minuti di vita Todi Pessoa cambia aspetto più volte, prova vestiti di cui fatica a comprendere la descrizione (degli haraguy pants, una gygorg002gth shirt) e si ritrova con una divisa da pompiere attillatissima e una faccia scavata da maniaco, che non stimola le relazioni sociali. Infatti, non c’è modo di fare quattro chiacchiere con nessuno.

Todi passa un paio di notti, disattivato, immerso nel mare fino alla cintola, braccia protese al cielo. Se il suo creatore sapesse come girare l’avatar e vederlo in faccia noterebbe qualche lacrima di disperazione.

La situazione migliora un po’ quando Todi ingrassa di una cinquantina di chili, si abbassa di una ventina di centimetri, rende più comoda la divisa e la colora in modo che non ricordi un evidenziatore. Le uniche conversazioni, però, fanno capire che almeno tre e mezzo dei quattro milioni abbondanti di residenti sono lì per curiosità e non riescono a spiegarsi che cosa ci sia di tanto divertente. Ma non riescono a fare un sacco di altre cose, se è per questo.

È frustrante anche la visita all’isola della Mercedes, dove Todi si aspetta di vedere qualche bella auto. Invece non ce ne sono. Arriveranno tra un paio di settimane, al lancio di un nuovo modello, gli spiega un commesso che, almeno, interagisce, risponde a tono e gli offre una tuta da formula uno gratuita. Todi dice che è affezionato alla sua divisa da pompiere larga e arruffata, ma il commesso non sembra cogliere l’ironia.

La difficoltà è interagire

Quando scopre che, nella dotazione di base di ogni avatar, c’è anche un rudimentale kart, Todi spera di rifarsi della delusione automobilistica. E, invece, non riesce a capire come farlo funzionare. Lo si può lasciare per strada, attaccare all’avambraccio, al torso, a un orecchio (e Todi prova a volare e camminare con il kart incorporato), ma in quanto a farlo partire... boh.

Come capita anche nella real life (RL, nel linguaggio di SL), quando c’è poco da fare, non resta che guardare le ragazze e tentare qualche approccio maldestro, ma i problemi di lingua e di aspetto sembrano insormontabili. E meno male, tutto sommato: qualsiasi altra iniziativa dovrebbe essere preceduta da un imbarazzante “Come si fa?”.

Molti mi chiedono perché mi sia scelto un avatar piccolo, grasso, miope e malvestito. Semplice: per avere una via d’uscita. Quando l’incomunicabilità in Second Life si fa troppo frustrante, un amico occasionale si spegne all’improvviso perché scoperto dal suo capo a giocare su Internet o l’ennesima vamp mi evita o vola via a metà di una mia frase, allora posso rifugiarmi nella real life, dove sono alto, bello e adorato dalle donne!