Paura dello straniero? Non conosci l'economia
Il dibattito sulle conseguenze dell'immigrazione e sui possibili rimedi ai problemi che essa pone ha raggiunto toni che, lo devo confessare, generano in me un grave disagio. Di conseguenza, mi limiterò a ricordare un paio di risultati della scienza economica che, spero, possano aiutare a riportare la discussione su un piano di maggior equilibrio.
Probabilmente, il più importante caposaldo riguarda i guadagni positivi dell'immigrazione.
L'arrivo di lavoratori stranieri genera sempre un surplus di risorse per il paese d'immigrazione. A questo proposito giova ricordare come i tassi di occupazione degli immigrati presenti sul territorio italiano (sia per la componente regolare che irregolare) siano estremamente elevati, in assoluto e relativamente a quelli degli italiani.
Tuttavia, occorre anche valutare attentamente gli effetti redistributivi collegati all'immigrazione. Infatti, come questo surplus si ripartisca fra fattori di produzione ed individui dipende da tantissimi elementi: sono rilevanti la struttura dei mercati dei fattori e dei beni, le tecnologie adottate, l'attività di tassazione e spesa pubblica, solo per menzionarne alcuni. Il tema è estremamente complesso e non può essere affrontato adeguatamente in questa sede. Solo due osservazioni in proposito.
La preoccupazione che i lavoratori immigrati deprimano i salari e/o l'occupazione dei nativi sembra solo in parte giustificata alla luce delle conoscenze a disposizione. Gli studi più recenti, riferiti a Stati Uniti e Regno Unito, dimostrano come l'immigrazione sortisca un effetto positivo sul salario medio del paese di destinazione ed un impatto modesto sui salari dei lavoratori autoctoni maggiormente esposti alla concorrenza dei lavoratori stranieri. Il gruppo degli immigrati già presenti sul territorio risulta essere quello maggiormente colpito dai nuovi arrivi. Analoghi studi per l'Italia sono scarsi e, a mia conoscenza, relativamente datati, ma i loro risultati vanno nella stessa direzione.
Un secondo canale redistributivo assai presente nel dibattito in corso è legato alla spesa pubblica per protezione sociale.
Il problema è che l'attività di tassazione e spesa pubblica potrebbe beneficiare maggiormente gli immigrati. Di conseguenza, si innescherebbe un meccanismo di trasferimento di risorse che rischierebbe di eliminare, o rendere addirittura negativo, il suddetto surplus per i nativi. A questo proposito è bene ricordare che la struttura demografica della popolazione italiana e straniera e l'entità della nostra spesa previdenziale rendono assai improbabile che ciò accada. Anche questo è un tema che merita ulteriori sistematici approfondimenti.
Evidentemente, le due precedenti osservazioni non intendono negare importanza agli aspetti redistributivi legati all'immigrazione ed alle ragioni di chi mostra preoccupazioni in tal senso. Sono, anzi, fermamente convinto che una sottovalutazione dei problemi distributivi in generale (siano essi legati all'immigrazione, al commercio internazionale, al progresso tecnologico, ecc.) sia estremamente pericolosa e rischi di minare alla base la coesione sociale di un paese.
In tal senso, il fenomeno migratorio pone problemi che devono essere governati. Ma come?
Affrontare i problemi posti dall'immigrazione con politiche di controllo dei flussi migratori è un'opzione lecita ed ampiamente condivisa.
Tuttavia, giova ricordare che, come dimostrato nel contributo oramai classico di Ethier (1986), fissare il numero di ingressi legali senza sostenerne i conseguenti costi di controllo provoca un aumento proporzionale del numero di immigrati irregolari. Sotto il profilo strettamente economico si rende, quindi, necessaria un'attenta valutazione dei costi delle politiche di controllo e della loro efficienza relativa rispetto ad altre alternative percorribili.