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Le frontiere del diritto di proprietà intellettuale

, di Claudio Dordi - professore associato presso il Dipartimento di studi giuridici
Il problema non è la mancanza di norme, bensì la loro concreta applicabilità. Nell'Anti-counterfeit trade agreement, forse, la soluzione

Il problema della contraffazione dei diritti di proprietà intellettuale ha assunto, con l'ingresso della Cina nell'Organizzazione mondiale del commercio, una rilevanza sempre più preoccupante. È noto agli studiosi della materia che uno dei problemi di maggior rilievo in merito alla protezione dei diritti di proprietà intellettuale non riguarda tanto l'assenza di adeguate disposizioni normative atte a combattere il fenomeno della pirateria, quanto l'incapacità di dare loro un'adeguata applicazione concreta. Per questo motivo i paesi del G8 hanno recentemente inserito in agenda l'obiettivo di dare il via a un negoziato mirante alla conclusione di un accordo internazionale, l'Acta, Anti-counterfeit trade agreement.

Si tratta, ancora, di una proposta allo stato embrionale; in base alle prime indicazioni, l'accordo non dovrebbe prevedere nuove disposizioni di natura sostanziale atte a regolare la disciplina (numerose convenzioni internazionali già prevedono disposizioni in materia). In particolare, l'accordo sarebbe destinato a favorire l'attuazione dei diritti di proprietà intellettuale già da parte delle amministrazioni doganali dei paesi membri. L'applicazione di procedure comuni da applicare alle frontiere consentirebbe, infatti, di dare maggior forza alla lotta contro la contraffazione e colmerebbe una lacuna nella disciplina internazionale. I trattati internazionali, infatti, prevedono solo disposizioni di natura sostanziale ma sono carenti quanto all'armonizzazione delle procedure applicabili alle frontiere.

Per realizzare tale obiettivo l'Acta mirerebbe a promuovere la cooperazione internazionale fra gli stati al fine di stabilire standard procedurali uniformi, migliorando la comunicazione fra le autorità competenti e stimolando la partecipazione del settore privato, che deve farsi parte attiva nella tutela della proprietà intellettuale contro la contraffazione.

Ma è proprio necessario avere un nuovo accordo vertente sulla protezione internazionale dei diritti di proprietà intellettuale? Si rileva, infatti, che già a livello internazionale l'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale e lo stesso accordo Wto/Trips (Trade related intellectual properties) prevedono norme atte a combattere la contraffazione. Si teme che un nuovo strumento internazionale possa causare sovrapposizioni e una frammentazione normativa tali da pregiudicare la lotta contro il fenomeno della contraffazione.

Peraltro, ci si chiede se gli stati dell'Unione europea che partecipano al G8 non debbano, prima di impegnarsi in un negoziato internazionale, risolvere i problemi interni riguardo alla protezione della proprietà intellettuale. I dati statistici indicano che Napoli e Londra sono le capitali europee della contraffazione; inoltre, l'Ue non dispone, attualmente, di una politica uniforme in materia di diritti di proprietà intellettuale, che, allo stato attuale, è caratterizzata da un elevato livello di frammentazione normativa e istituzionale. Peraltro, l'assenza di una politica e di una strategia uniforme in materia mette anche a repentaglio la credibilità dell'Unione (e dei suoi stati membri) nei negoziati internazionali. La situazione dovrebbe migliorare con il Trattato di Lisbona, il quale espressamente prevede, all'articolo 207, che i principi uniformi sui quali deve essere basata la politica commerciale comune si estendono anche agli aspetti commerciali della proprietà intellettuale. Irlanda permettendo...