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888, il numero delle olimpiadi

, di Carlo Filippini - professore emerito
Gli organizzatori non hanno lasciato nulla al caso. E così, per assicurarsi il sole, sono pronti a seminare le nuvole di prodotti chimici

I Giochi olimpici in Cina: un argomento enorme che può essere affrontato da molti punti di vista. Vi sono aspetti di politica interna e internazionale, aspetti economici, ambientali, sociali, mediatici e naturalmente anche sportivi (forse i meno importanti). Del resto è opinione diffusa che tutto ciò che riguarda la Cina sia smisurato: king, anzi emperor size.

In molti casi le Olimpiadi sono state il sigillo di un riconoscimento economico o politico a livello mondiale: basti ricordare quelle del 1936 a Berlino, del 1960 a Roma, del 1964 a Tokyo o del 1988 a Seoul. Per la Cina è la fine di una parentesi durata due secoli e la riconquista della sua centralità: è di nuovo il "Regno al centro".

Per una nazione così attenta alla propria reputazione il problema più importante è quello di proiettare un'immagine di armonioso successo ovvero di non perdere la faccia. A questo scopo è stato fatto tutto il possibile, ottenendo sia miglioramenti sostanziali e duraturi, sia cambiamenti di facciata che devono reggere per due settimane.

Tra i primi possiamo ricordare le numerose infrastrutture, in genere di prim'ordine, dai trasporti, agli acquedotti, agli impianti sportivi. Tra i secondi l'abbattimento dell'inquinamento a Pechino (chiudendo le fabbriche e limitando il traffico) o il bel tempo nei giorni di apertura e di chiusura (seminando le nuvole con composti chimici): se pioverà a perdere la faccia non saranno solo i meteorologi.

I rischi dei governanti cinesi sono elevati, le Olimpiadi sono un palcoscenico ideale per dare risonanza a tutti i tipi di protesta, anche quelli più tragici. Naturalmente essi sono preparati a fronteggiare ogni evenienza: pugno di ferro in guanto di velluto.

La critica e il dissenso sono considerati un'offesa per l'autorità, un segno che essa ha fallito nel suo compito. La rinuncia del regista Steven Spielberg è stata interpretata come gesto di ostilità verso la Cina tutta.

Sul piano economico le Olimpiadi sono state un ulteriore propellente per la rapida, ormai trentennale, crescita del paese. Gli investimenti, pubblici e privati, hanno rafforzato la domanda di beni e servizi in questi ultimi anni.

Anche i consumi saranno stimolati: si prevede l'arrivo a Pechino di più di tre milioni di visitatori (cinesi e stranieri). Il primato di 55 milioni di arrivi dall'estero raggiunto nel 2007 sarà ancora una volta superato.

Molte imprese multinazionali, marchi famosi in tutto il mondo, hanno fatto grandi investimenti sui Giochi; la copertura mediatica sarà globale, solo pochi eremiti potranno sottrarsi alla sua eco. Anche per questo vi è un diffuso interesse (e tornaconto) nel mondo occidentale a mettere in sordina il tema dei diritti umani ed a contrastare proteste o boicottaggi. Vedere associato il proprio logo ad immagini di violenza è l'incubo di molti manager.

E dopo le Olimpiadi? Le opinioni degli esperti non sono certo concordi, ma lo scenario più probabile non prevede variazioni di rilievo né in politica né in economia: forse un piccolo rallentamento della crescita, dell'ordine di decimi di punto, in linea del resto con gli obiettivi del governo, sempre preoccupato per il surriscaldamento dell'economia. Da un lato gli investimenti legati ai Giochi sono una piccola parte del totale, dall'altro i consumi interni diventano sempre più importanti per sostenere il reddito.

Preoccupano di più i prezzi delle materie prime, petrolio in testa, e dei prodotti alimentari (spinti verso l'alto anche dalla stessa crescita cinese).

Due note finali. I Giochi sono un'icona occidentale, legata a fondamentali valori della nostra cultura. La Cina ha adottato e assimilato questa immagine e (si spera o ci si illude?) i suoi valori, almeno in piccola parte. Le Olimpiadi inizieranno il giorno 08.08.08 alle 8 di sera (anzi alle 8h 8' 8"). Il numero 8 è un numero fortunato per i cinesi: come diceva un grande esperto italiano di superstizione: "Io non ci credo, ma non si sa mai ...".