Reattivita' delle pmi: non e' tutto oro cio' che luccica
Valeria Belvedere, Alberto Grando e Thanos Papadimitriou (Unit Produzione e Tecnologia della SDA Bocconi) in The Responsiveness of Italian Small-to-Medium Sized Plants: Dimensions and Determinants (International Journal of Production Research, Volume 48, Issue 21, January 2010, pages 6481 – 6498, doi: 10.1080/00207540903234751) dimostrano che le pmi italiane sono più reattive delle grandi imprese in termini di tempi di consegna, ma ciò non dipende da una reale superiorità nella gestione dei processi produttivi e logistici.
Gli autori si concentrano sulla velocità di consegna come indicatore di reattività (la capacità dell'impresa di reagire prontamente alle esigenze dei clienti) e utilizzano un database di 206 impianti esaminati per l'Italian Best Factory Award, un programma di benchmarking che vuole individuare e premiare l'eccellenza manifatturiera, suddividendolo in due campioni di 147 pmi (meno di 250 dipendenti) e 59 grandi imprese (più di 250dipendenti).
Il lead time risulta essere significativamente più breve per le pmi che per le grandi imprese (32 giorni contro 91 in media, in un ventaglio che va da 14 a 66 giorni per le pmi e da44 a 167 per le grandi imprese), confermando così che le dimensioni sono un importante driver della reattività. Il motivo principale sembra essere una quota maggiore di produzione su previsione (27% contro 19%), resa possibile da una minore varietà e complessità della produzione.
Ciò significa che le pmi italiane realizzano singoli componenti o moduli di prodotto e che pertanto operano in network produttivi, in cui svolgono una parte molto limitata delle attività di trasformazione. E qui gli studiosi della SDA Bocconi individuano un punto debole: le grandi imprese coordinano questi network selezionano i loro fornitori considerando un'ampia varietà di performance, che comprende non solo la velocità di consegna, ma anche la qualità e l'efficienza – dimensioni in cui le pmi cedono il passo alle grandi imprese.
Le pmi soffrono di una carenza strutturale di risorse umane e finanziarie, che impedisce di investire in pratiche manageriali e tecnologie avanzate, essenziali per migliorare le prestazioni manifatturiere. L'analisi evidenzia, infatti, che in tutti gli indicatori di performance il cui livello può essere influenzato da pratiche e tecnologie all'avanguardia (per esempio, tempo di set-up e resi dai clienti per problemi qualitativi) le pmi denunciano risultati inferiori alle grandi imprese. Ciò può parzialmente spiegare perché le pmi italiane continuino a perdere quote di mercato, dimostrando una certa incapacità di adattamento del loro modello competitivo alla nuova e più sfidante realtà internazionale, concludono i tre studiosi.