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Il reddito che si muove a due velocita'

, di Renata Targetti Lenti - ordinario all'Universita' degli studi di Pavia e docente a contratto di economia politica alla Bocconi
Tra Nord e Sud differenze sistematiche che riflettono le strutture produttive e occupazionali

Tutti i dati sulla distribuzione del reddito mostrano con grande evidenza quanto sia ancora grave in Italia la 'questione meridionale'. Il Centro e il Nord sono caratterizzati da livelli di reddito medio, diseguaglianza e povertà molto simili; il Sud (e le isole), invece, da livelli molto differenti.

Nel 2008 (fonte Banca d'Italia), il reddito familiare medio annuo disponibile, e cioè al netto delle imposte sul reddito e dei contributi previdenziali e assistenziali, è risultato di 32.146 euro. Per tener conto dell'ampiezza e dalla composizione della famiglia e ottenere una misura che approssima in modo migliore il benessere familiare, si può correggere il reddito complessivamente percepito dalla famiglia con una scala di equivalenza. Il risultato ottenuto, il reddito equivalente, si interpreta come il reddito di cui ciascun individuo dovrebbe disporre se vivesse da solo per raggiungere lo stesso tenore di vita che ha in famiglia. Esso risultava pari a 18.744 euro per l'Italia nel complesso, a 22.197 euro per il Nord, a 21.113 per il Centro, ma solamente 12.908 euro per il Sud. La forte differenza di reddito tra aree colloca l'Italia tra i paesi industrializzati caratterizzati da una più elevata diseguaglianza e costituisce una vera e propria anomalia. La dispersione dei redditi ha iniziato ad ampliarsi con la crisi economica del 1992-93. In quegli anni, la disuguaglianza e la povertà sono cresciute e si sono stabilizzate. Vi sono però stati dei mutamenti nelle posizioni relative dei gruppi di popolazione: tra il 1993 e il 2008, il reddito equivalente è cresciuto del 25% per le famiglie dei lavoratori autonomi ma solamente del 4% per i dipendenti. Le diverse dinamiche del reddito disponibile fra gruppi di popolazione hanno avuto un impatto sulla povertà relativa degli individui. Considerando la condizione professionale, la quota di poveri fra i lavoratori indipendenti si è dimezzata in 15 anni, scendendo dal 14% del '93 a meno del 7% nel 2008. A questa diminuzione ha corrisposto un aumento dell'1% circa della quota dei poveri fra i lavoratori dipendenti, mentre per gli individui in condizione non professionale tale quota è rimasta sostanzialmente invariata attorno al 17%. I divari nell'incidenza della povertà risultano molto elevati soprattutto con riferimento alle diverse ripartizioni territoriali. Nel 2008 risultavano poveri il 13,4% degli individui: l'incidenza nel Sud era di quattro volte superiore a quella nel Nord e nel Centro (26,9% rispetto a 6,1%). Le differenze appena segnalate sono così sistematiche da non poter in nessun modo essere considerate casuali. Esse riflettono piuttosto le caratteristiche di aree diversamente connotate sotto il profilo dei processi produttivi (peso dei settori, dimensione e caratteristiche tecnologiche delle imprese) e sotto il profilo occupazionale (livelli d'attività e composizione degli occupati). L'azione redistributiva perequativa dello stato, così come le caratteristiche demografiche d'ogni famiglia sono altre importanti cause dei divari nei redditi disponibili. Basti sottolineare quanto diversi sono, in numero, i percettori per nucleo famigliare e i figli minori per famiglia. I due fattori sono molto interdipendenti. Al Sud il numero medio di figli minorenni è maggiore in confronto al Nord e al Centro (rispettivamente 0,54, 0,39 e 0,32). La presenza di minori condiziona la partecipazione femminile al mercato del lavoro e di conseguenza anche il numero dei percettori di reddito. In particolare in Italia si sono delineati due modelli di comportamento opposti. Nel Centro-Nord, l'ingresso sul mercato del lavoro della moglie comporta un innalzamento nel livello di reddito familiare. Al Sud, invece, nella maggior parte dei casi la nuova fonte di reddito serve a compensare la bassa capacità di guadagno del marito. In parallelo, il numero medio di percettori di reddito per famiglia nel 2008 risultava maggiore al Nord e al Centro (1,69 e 1,64) rispetto al Sud e alle Isole (1,56). I dati rappresentano bene il persistente dualismo economico del nostro paese. Un dualismo che è di natura strutturale, difficilmente superabile nel breve periodo, e per superare il quale non sono più sufficienti gli interventi tradizionali, come i trasferimenti Nord-Sud.