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Cosi' i partiti scambiano cose che gli elettori non possono nemmeno vedere

, di Fabio Todesco
Lanny Martin osserva che gli elettori valutano i partiti utilizzando informazioni immediatamente disponibili su aspetti molto visibili, come il numero di ministeri in un governo. Per fare buona impressione sui loro sostenitori, i partiti con basso potere di contrattazione ottengono posizioni ministeriali in cambio di beni meno visibili, sfuggendo cosi' al controllo dei cittadini

Se il vostro partito politico è entrato in un governo di coalizione e ha ottenuto più ministeri delle attese, forse dovreste astenervi dal festeggiare: secondo un modello sviluppato da Lanny Martin (Università Bocconi) e Georg Vanberg (Duke University), potrebbe aver barattato qualcosa di meno visibile per sembrare il partito vincente agli occhi di elettori sprovveduti come, be', la maggior parte di noi.

Gli scienziati politici sono stati a lungo sconcertati dalla persistenza della cosiddetta Legge di Gamson, che afferma che i membri di una coalizione tendono a ricevere una quota di ministeri più o meno proporzionale alla quota di seggi legislativi che portano in dote al governo. I modelli di contrattazione suggeriscono, al contrario, che il risultato dovrebbe essere proporzionale al potere di contrattazione di un partito che dipende, tra l'altro, dalle sue possibilità di entrare a far parte di un governo di coalizione alternativo.

Martin e Vanberg, nel loro articolo sull'American Political Science Review, affermano che le élite dei partiti si preoccupano di come un accordo sarà percepito dai loro sostenitori, ma la maggior parte dei sostenitori non è in grado di valutare la performance dei politici. Gli elettori meno informati, nei loro giudizi, usano solo informazioni prontamente disponibili su aspetti molto visibili, come il numero di ministeri ricevuti, mentre i partiti contrattano su una vasta gamma di "beni" con diversi gradi di visibilità, tra cui le politiche e gli incarichi.

Le élite dei partiti sono incentivate a concedere pagamenti collaterali in beni meno osservabili pur di ottenere una quota di beni semplici che soddisfi le aspettative dei sostenitori. I partiti il cui potere contrattuale supera la loro quota di seggi accettano di essere sottocompensati (rispetto al loro potere contrattuale) in termini di numero di ministeri, ma sono remunerati con pagamenti collaterali sotto forma di beni complessi.

Per testare il loro modello, gli autori esaminano dati originali sull'assegnazione di 5.910 posti ministeriali in 308 casi di contrattazione di coalizione in 16 democrazie europee. Nel loro modello, il bene complesso utilizzato come pagamento collaterale ai partiti sottocompensati è un indicatore chiamato policy risk payoff, che non solo conta, ma pesa i ministeri, tenendo conto della loro rilevanza per la politica di un partito e della distanza ideologica tra il partito e gli alleati di coalizione che ottengono la posizione ministeriale. Concedere un ministero rilevante a un partito ideologicamente distante comporta un alto policy risk payoff.

L'analisi empirica conferma che l'assegnazione dei ministeri è tendenzialmente proporzionale alla dimensione relativa dei partiti e che i partiti che ricevono meno della loro quota di posizioni ministeriali sono compensati con un policy risk payoff più favorevole.

Il caso della formazione del secondo gabinetto Rutte nei Paesi Bassi (2012-2017), su cui gli autori concentrano la loro attenzione, si adatta perfettamente alle dinamiche proposte.

"L'apparenza inganna", conclude il professor Martin. "Quello che i governi di coalizione sembrano fare, quel che traspare dagli aspetti facilmente osservabili dei loro affari, non è in genere un riflesso accurato dell'effettiva influenza dei partner di una coalizione. E questo ha implicazioni negative sulla capacità dei cittadini di valutare la condotta dei partiti".

Lanny W. Martin, George Vanberg, "What You See Is Not Always What You Get: Bargaining before an Audience under Multiparty Government", in American Political Science Review, Volume 114, Issue 4, pp. 1138-1154, DOI: 10.1017/S0003055420000337.