Ancora molta strada per i piani di rientro in sanita'
Ad oggi sono dieci su ventuno le regioni italiane, in prevalenza meridionali e con un deficit cumulato (2001-2010) pari a 38 milioni di euro, che hanno adottato piani di rientro (Pdr). Inoltre il decentramento sanitario e le attuali dinamiche economico-finanziarie rendono molto probabile, per il prossimo futuro, la trasformazione dei Pdr in strumenti ordinari di pianificazione. Nel paper in pubblicazione su Health Policy (volume 106, 2012, doi: 10.1016/j.healthpol.2012.03.007), intitolato The Challenge and the Future of Health Care Turnaround Plans: Evidence from the Italian Experience, Francesca Ferrè e Federico Lega (Dipartimento di analisi delle Politiche e Management Pubblico), con Corrado Cuccurullo (Seconda Università di Napoli) utilizzano interviste semistrutturate a stakeholder rilevanti per testare il livello di efficacia dei piani di rientro focalizzandosi su tre significativi casi: Sicilia, Campania e Lazio, responsabili di 26 milioni di euro di deficit cumulato.
I piani sanitari di rientro sono processi istituzionalizzati attraverso cui le regioni che presentano deficit sanitari strutturali stabiliscono, di concerto con i Ministeri della Salute e dell'Economia, gli obiettivi e le azioni strategiche finalizzate al recupero dell'equilibrio finanziario e alla rimozione delle determinanti strutturali del disequilibrio. L'efficacia potenziale di questi strumenti è ampiamente dibattuta, e molti critici sostengono che i Pdr privilegino una logica squisitamente finanziaria, orientata al breve periodo (recovery plan) e non si focalizzino sulle cause strutturali dei deficit (turnaround plan), come sarebbe necessario a una riconfigurazione di lungo periodo dei sistemi sanitari. Infatti, da un lato, i Pdr hanno comportato apprezzabili risultati in termini di rallentamento della crescita della spesa nelle regioni interessate, dall'altro non sono stati capaci di modificare le determinanti critiche dei disavanzi. Ma quali sono gli elementi di scollamento tra le finalità intrinseche dello strumento e la sua sostanza?
L'analisi conferma la percezione diffusa di limitata efficacia dei piani. I Pdr sembrano prevedere soprattutto azioni "cosmetiche" e prescindono da un'analisi reale e dall'adeguamento necessario alle peculiarità dei contesti a cui si applicano. I risultati delle interviste semistrutturate evidenziano anche la lentezza e la scarsa consistenza del processo di rientro, a causa dello scarso coordinamento tra gli attori interessati. Si è richiesto a una pluralità di attori poco motivati di attivarsi e di facilitare le strategie di rientro di sistemi sanitari regionali in gravi difficoltà.
I Pdr si sono dimostrati al momento meno efficaci delle attese. Soprattutto il gap tra contenuti e processo realizzativo è rimasto profondo, testimoniando l'applicazione di una logica burocratico-normativa.
Rispetto a questo quadro gli autori propongono nove raccomandazioni ai policy-maker e ai manager della sanità. In particolare evidenziano la necessità di creare una base informativa completa, attendibile e rilevante; identificare in modo puntuale gli assunti sottostanti i piani; dettagliare l'analisi strategica a livello regionale e di azienda al fine di comprendere i fattori di influenza e i fattori determinanti della performance; introdurre la logica della scenarizzazione nella formulazione delle strategie evitando la definizione di una lista prescrittiva di azioni; indicare puntualmente la strutture delle responsabilità; definire step e tempi di attuazione degli scenari strategici; costruire consapevolezza e consenso tra gli stakeholders, in una logica di governance allargata; sviluppare logiche e strumenti di knowledge transfer per favorire i processi di cambiamento; allineare le percezioni e i livelli di discrezionalità tra i decision maker.