Cinque sfide per vincere in Asia
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Peter Williamson |
Dal momento che la crescita dell'Asia orientale non è più trainata dalle esportazioni, ma dai consumi, l'area non va più considerata solo come la sede di agguerriti concorrenti, pronti a invadere i mercati occidentali di prodotti a basso prezzo, ma come il terreno concorrenziale più importante del prossimo decennio. La preoccupazione di Peter Williamson, professore di Asian Business and International Management all'Insead di Fontainebleau e Singapore, non è difensiva, ma offensiva; nel suo Vincere in Asia indica alle imprese occidentali e a quelle asiatiche come imporsi nel nuovo scenario competitivo.
Williamson analizza il processo di formazione di un grande mercato sovranazionale dell'Asia orientale, che rende obsoleto l'approccio adottato fino ad oggi sia dagli operatori asiatici sia da quelli occidentali, preoccupati di integrare le proprie attività a livello nazionale. Le imprese vincenti nell'Asia del futuro saranno, invece, più specializzate e riusciranno a fornire i propri servizi o vendere i propri prodotti in tutta l'area.
L'autore sostiene, inoltre, che la strategia vincente debba necessariamente coniugare i punti di forza dell'imprenditorialità asiatica e quelli delle grandi imprese occidentali. Una flessibilità basata sull'esistenza di reti informali di imprese, la capacità di veloce apprendimento e una diversa valutazione del rischio sono le qualità asiatiche che non devono andare perdute, mentre i punti di forza occidentali da sfruttare sono l'organizzazione più razionale e la conseguente capacità di raggiungere una produttività più elevata, soprattutto nei servizi.
Williamson, che si è formato ad Harvard, ha insegnato, oltre che in Francia, anche alla London Business School e ha svolto attività professionale al Boston Consulting Group, formalizza le cinque sfide che le imprese dovranno affrontare per competere in Asia orientale.
In primo luogo le imprese dovranno concentrarsi sulla produttività che, soprattutto nelle attività di distribuzione, vendita e amministrazione, evidenzia un diffuso ritardo. In caso contrario, l'Asia rischia di languire nel ruolo di mercato di approvvigionamento.
In secondo luogo, le imprese dovranno impegnarsi di più nell'innovazione, che sta alla base di una effettiva creazione di valore.
La terza sfida riguarda la creazione di solidi brand asiatici, anche se non necessariamente panasiatici, supportati dalla buona qualità dei servizi. In questo campo vincerà chi riuscirà a trovare il giusto equilibrio, in termini di posizionamento, tra mercati nazionali e realtà continentale.
La quarta priorità è l'estensione e integrazione delle reti internazionali. Oggi sono soprattutto reti informali, che hanno spesso origine dalla presenza imprenditoriale cinese in tutti i paesi dell'area. La loro struttura andrebbe razionalizzata e formalizzata, per dare vita a entità originali (Williamson suggerisce la creazione di nuove catene di approvvigionamento basate sulle reti e il perseguimento dell'internazionalizzazione attraverso alleanze regionali).
Infine, e così il cerchio si chiude, le imprese dovranno mirare ad attuare un consolidamento settoriale che ridefinisca il terreno di scontro dalle singole economie nazionali a quella continentale. A questo fine sarà decisiva la capacità, tutta asiatica, di competere collaborando, ovvero di avvicinarsi ai partner secondo un processo a tappe, che parte da deboli alleanze, per poi trasformarsi in partnership con partecipazioni di minoranza e, infine ed eventualmente, in una vera e propria fusione, che la cultura asiatica preferisce al lancio di un'offerta ostile.