Chi sceglie tra deflazione e inflazione
La bassa crescita economica a livello globale, anche se per alcuni paesi si parla di recessione, unitamente alla grave crisi finanziaria che, seppure in modo diverso, ha colpito pesantemente tutti i paesi industrializzati, rendono estremamente difficili le previsioni sugli equilibri economico-finanziari sia a livello globale che a livello di singolo paese, con effetti che si ripercuotono a catena fra di loro con andamenti diversi nelle diverse aree: si parla d'inflazione per Russia, Cina e India, di deflazione per gli Usa e di stagflazione per l'Europa. In ogni caso diventano più incerte e confuse le ricette per uscire da una situazione che si preannuncia lunga e complessa. Il dibattito in essere coinvolge studiosi, analisti, policy makers in particolare sul ruolo dello stato nell'economia e sul ruolo del mercato come istituzione realmente in grado di dare sviluppo e crescita. Il problema è sollevato anche in quei paesi come gli Usa portati ad esempio come espressione più significativa della funzionalità dell'economia di mercato dove i recenti salvataggi di importanti istituzioni finanziarie in difficoltà da parte dello stato a fronte dei fallimenti del mercato hanno rimesso in discussione tale modello. Peraltro uno dei temi di fondo delle prossime elezioni presidenziali è certamente la diversa visione del ruolo dello stato nell'economia: infatti i repubblicani sono più orientati a un suo ruolo leggero mentre i democratici sono propensi a un pesante intervento pubblico finalizzato a risolvere le molteplici distorsioni economiche e sociali generate dall'attuale governo in carica.
Il problema si pone ugualmente nei paesi europei, seppure in modo diverso dagli Usa, perché in questi si è sempre cercato di trovare un modello di welfare in grado di rispondere correttamente ai problemi posti dalla produzione e distribuzione della ricchezza in modo da garantire una crescita economica e sociale equilibrata.
Parimenti l'Italia affronta questa fase delicata condizionata da un alto debito pubblico che limita l'impiego di risorse per lo sviluppo e rende necessaria l'individuazione di modelli idonei a contenerne la continua crescita e dalla consapevolezza che la recessione economica aumenterà le aree di disagio sociale per le quali sarà chiesto un intervento dello stato per temperarne la criticità. Nel contesto italiano, l'intervento pubblico va profondamente ripensato rispetto a quello svolto in passato, e cioè meno legato a sole logiche keynesiane ma più orientato a un ruolo di forte regolazione con una più efficace finalizzazione e un monitoraggio trasparente degli interventi, che garantisca la rendicontabilità verso i cittadini e consenta di individuare le responsabilità sulla destinazione e sull'uso dei fondi pubblici finora estremamente carente. È necessaria anche una maggiore integrazione con il mondo imprenditoriale per trovare forme di collaborazione e non solo di contrapposizione al fine di aumentare l'efficacia degli interventi stessi, evitando, se possibile, di riproporre quasi sempre per i salvataggi di aziende pubbliche in difficoltà o per i processi di privatizzazione più o meno gli stessi soggetti al fine di avere una maggiore condivisione sociale di tale operazioni.