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Andrea Colli, lo storico che voleva fare... lo storico

, di Claudio Todesco
Il direttore del Dipartimento di analisi delle politiche e management pubblico ha una laurea in economia aziendale e usa la storia per analizzare le realta' organizzative

Andrea Colli avrebbe voluto fare lo storico. I genitori non condividevano la sua aspirazione. Gli toccò scegliere fra ingegneria ed economia. "Optai per la seconda, che era più attinente alla matrice storico-filosofica delle materie che mi interessavano". Non gli è andata male: oggi è professore ordinario di storia economica e direttore del Dipartimento di analisi delle politiche e management pubblico della Bocconi.

Laureato in economia aziendale, con una delle prime tesi di storia d'impresa in Bocconi (sulla nascita e affermazione della Aeronautica Macchi), era ed è convinto che si possa utilizzare la storia come strumento utile ad analizzare nel profondo le realtà organizzative. Tornato dalle parti dell'Università dopo il servizio militare, in via Sarfatti si imbatte in Marzio Romani, all'epoca direttore dell'Istituto di storia economica. "Mi disse: è uscito il bando, se vuole fare il dottorato si sbrighi. Era il segnale che aspettavo". Il dottorato di ricerca in storia economica e sociale gli offre la possibilità di continuare gli studi sul capitalismo italiano, integrando la prospettiva storica all'analisi economica. Si occupa prima di distretti industriali, poi di piccole imprese, quindi delle cosiddette multinazionali tascabili. Parallelamente, si dedica alla storia delle imprese famigliari, che diventa uno dei filoni di studio più fruttuosi insieme a quello delle imprese pubbliche e, oggi, della cosiddetta global history. "Sono sempre partito da temi molto italiani", spiega, "cercando di trasformarli in argomenti di interesse per l'accademia internazionale".

Quando i suoi impegni glielo permettono, va in montagna: è istruttore di sci alpinismo. La sfida maggiore non è sui pendii innevati, ma in Università. "Stare dentro la Bocconi è di per sé una sfida", dice. "Il cambiamento radicale impresso negli ultimi anni ha cancellato le routine consolidate. Bisogna essere in grado di reinventare continuamente il proprio ruolo e farlo in maniera efficiente. Proporre attività didattiche innovative, internazionalizzare la ricerca, cercare un dialogo fra diverse discipline permette di essere parte di questa grande accelerazione".