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Come progettare un programma soft di transizione dal welfare al lavoro

, di Morteza Zamanian
Per realizzare le politiche migliori si deve tenere conto della generosita' del programma e del livello di competenze del lavoratore, secondo una nuova ricerca di Nicola Pavoni e coautori

I programmi di transizione dal welfare al lavoro sono programmi pubblici diretti ai poveri e ai disoccupati. Il loro obiettivo è fornire supporto al reddito e assistenza per trovare un impiego o prepararsi a trovarlo. Nel corso degli anni i diversi stati degli USA hanno implementato una vasta gamma di politiche di questo tipo: alcuni programmi si focalizzavano sull'assistenza individuale alla ricerca di lavoro, altri sulla formazione e training, altri ancora ad accelerare il passaggio dalla disoccupazione all'impiego. Di conseguenza, gli stati hanno utilizzato approcci eterogenei alla progettazione dei programmi di transizione dal welfare al lavoro. Una domanda che è lecito porsi è: "Che cosa spiega tale eterogeneità?". Ed è proprio quello che fanno Nicola Pavoni (Dipartimento di Economia), Ofer Setty (University of Tel Aviv) e Giovanni Violante (New York University) nel loro recente paper The Design of 'Soft' Welfare-to-Work Programs, pubblicato su Review of Economic Dynamics.

Nel paper gli autori modellano i programmi di transizione come contratti offerti dall'amministrazione ad agenti disoccupati, in un ambito con azzardo morale, in cui l'offerta di assistenza interferisce con gli incentivi individuali a sforzarsi di cercare e mantenere impieghi confacenti. Al fine di superare il problema, le amministrazioni utilizzano una vasta gamma di strumenti (per esempio ricerca di lavoro, ricerca assistita o obbligo di accettare un'offerta di lavoro) in combinazione con benefici di welfare. In questo modo cercano di minimizzare il costo al quale possono effettivamente fornire ai partecipanti l'utilità promessa. Gli autori restringono l'attenzione a una classe particolare di politiche di transizione, che chiamano 'soft'. I programmi soft non usano alcuna forma di punizione o sanzione per i partecipanti. In definitiva, a differenza di quanto accade in molti programmi di assicurazione contro la disoccupazione, la generosità del programma, misurata dall'utilità promessa al disoccupato, non può diminuire nel corso del programma.

Un contributo chiave del paper è l'analisi del disegno ottimo dei programmi di welfare e dei trade-off tra i diversi strumenti disponibili. Inoltre, gli autori aggiungono alla struttura standard due ingredienti, che si affiancano alla tecnologia di ricerca del lavoro. Prima di tutto contemplano l'esistenza di un settore secondario (per esempio agenzie governative, istituzioni non-profit o organizzazioni locali di community service) meno produttivo del settore primario usato per i lavori del settore di mercato ma che, come l'altro, necessita di impegno per ottenere risultati. In secondo luogo introducono una tecnologia che assiste nella ricerca di lavoro e che consente al disoccupato, pagandone il costo, di affidare la ricerca di lavoro a un'agenzia. Tale tecnologia consente di risparmiare tempo da dedicare al lavoro o al riposo.

Il risultato principale del paper è l'identificazione della miglior politica da implementare per ogni combinazione di due variabili chiave per identificare lo "stato" del lavoratore: (i) il livello di generosità del programma (l'utilità promessa) e (ii) il livello di competenze del lavoratore (il suo capitale umano). Insomma, la generosità del programma e il livello di competenza dell'agente disoccupato determinano lo strumento ottimo da implementare.

Questa analisi può fornire un quadro utile a razionalizzare l'eterogeneità delle politiche implementate in diversi stati americani a seconda della generosità del programma e della distribuzione delle competenze nello stato. Il fatto di restringere l'attenzione ai programmi soft – contratti che non utilizzano punizioni o sanzioni – consente una piena caratterizzazione analitica del programma ottimo.