Politici e dirigenti: l�esperienza insegna... a collaborare
La dicotomia politico-dirigente da sempre riveste un ruolo particolare nell'immaginario collettivo. Il ruolo del dirigente, spesso visto quale burocrate kafkiano, è altrettanto spesso associato a quello del politico alla ricerca di consenso. Il modello 'tradizionale' di pubblica amministrazione ha storicamente delineato una separazione tra politica e dirigenza.
I politici venivano ritenuti responsabili della definizione generale delle strategie, mentre i burocrati, esperti tecnici, erano deputati alla mera esecuzione delle direttive. Le relazioni e il controllo che si instauravano tra i due livelli erano di tipo gerarchico, dove procedure formali governavano l'azione amministrativa.Una visione più moderna di pubblica amministrazione, collegata alle riforme degli anni Novanta, ha messo in discussione la reciproca posizione e le relazioni tra politico e dirigente, introducendo ed enfatizzando il decentramento delle responsabilità e la misurazione dei risultati. I burocrati si trasformano così in manager, attori centrali della gestione dell'ente pubblico in quanto azienda e portatori della razionalità economica necessaria per il perseguimento di efficienza, efficacia ed equilibrio economico. Anche a livello normativo, i dirigenti sono ora visti come autonomi dalle ingerenze politiche e quindi in grado di perseguire propri obiettivi e attività. I politici restano i detentori delle linee guida strategiche. Da una ricerca in atto nell'Area public management and policy della Sda Bocconi (a cura di M. Liguori, I. Steccolini e M. Sicilia), avente come obiettivo lo studio di alcune delle dinamiche sopra evidenziate, emergono i primi risultati interessanti. I 129 rispondenti dei comuni italiani con più di 80.000 abitanti evidenziano come le competenze dei dirigenti siano molto legate al settore in cui operano (l'80%), mentre la maggior parte degli assessori abbia un'istruzione inferiore alla laurea (83%) e non collegata all'ambito in cui lavorano. L'esperienza media è alta per entrambi gli attori: circa 20 anni nello stesso ente per i dirigenti (25 anni nella pubblica amministrazione) e 10 anni per gli assessori (nel settore pubblico da 20 anni). L'83% degli assessori ha esperienza nel settore privato, mentre il 78% dei dirigenti è passato dal settore privato a quello pubblico. Quando sono interrogati rispetto al ruolo svolto, emerge un quadro di complementarità in cui gli assessori riconoscono la loro maggiore influenza nel processo di definizione delle strategie di ente (accordo pari a 4.4 punti su 5) e i dirigenti nella loro realizzazione (accordo pari a 4.2 punti su 5), come richiesto dalla normativa. Entrambi gli attori, tuttavia, percepiscono di avere un ruolo prevalentemente di tipo manageriale attivo nella gestione quotidiana delle attività del proprio settore (con un accordo di 4.07 punti su 5 per i dirigenti e di 4.37 punti su 5 per gli assessori). Questo quadro suggerisce una condivisione delle attività tra politici e dirigenti, piuttosto che una loro netta separazione, ed una sostanziale collaborazione nelle attività che concorrono al raggiungimento dei risultati di ente.Lo studio delle competenze, delle carriere e dei ruoli ricoperti, questa volta a livello statale, dai politici (italiani e non) trova approfondimento nelle tematiche affrontate dall'Osservatorio sul cambiamento della pubblica amministrazione della Sda Bocconi nel prossimo white paper in uscita alla fine del 2009.