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Max, romanziere del private equity

, di Andrea Celauro
Massimiliano Naglia, un mba alla Sda Bocconi, ha realizzato il suo sogno ventennale di scrivere un libro. E ha scoperto quanto la scrittura può aiutare anche sul lavoro

Questa è la storia di Max, ma anche di Clementina e Marco. Max è Massimiliano Naglia, 46enne di Ravenna. Marco e Clementina sono i personaggi del primo romanzo di Max, creato in nuce venti anni fa e rimaneggiato, ritoccato, limato, fino alla pubblicazione avvenuta quest'anno per i tipi di Pendragon. A dispetto del titolo, Gli occhi della solitudine è un atto d'amore, il prodotto dell'estrema devozione di Max alla letteratura e alla poesia. Niente di strano, se non fosse che l'attività primaria di Max è il private equity, e che la finanza, almeno nell'immaginario collettivo, poco si sposa con la scrittura creativa.

La copertina del romanzo di Max

"Scrivere è un modo per esprimere ciò che si è", racconta Massimiliano. "È un momento di riflessione, di crescita, di apertura mentale". E il fatto di avere un'anima creativa così forte è tutt'altro che in antitesi con il suo lavoro, "perché non solo ti arricchisce, ma ti permette di entrare meglio in sintonia con le persone che incontri e con le quali fai affari. Che sono persone, appunto, e che come tutti hanno bisogno di condividere e di essere ascoltate". Venti anni fa Massimiliano comincia la sua carriera e, parallelamente, dà vita a Clementina e Marco. Una storia tormentata, la loro, non più di altre quella di Max. Massimiliano si laurea in ingegneria civile nell'88 a Bologna, dopodiché lavora per quattro anni per l'Eni. Poi, quasi di punto in bianco, si appassiona all'economia e decide di fare un master in business administration. Sceglie quello della Sda Bocconi, che segue tra il '93 e il '94. "È nato in me un interesse molto forte per i settori finanziari, che da allora, professionalmente parlando, sono diventati la mia vita". Max, dopo l'mba, lavora prima per quello che diventerà il Gruppo Unicredit, dove si occupa di finanza straordinaria, fusioni e acquisizioni e private equity, e poi per il Gruppo Intesa Sanpaolo, sempre nel private equity. Attività della quale, peraltro, si occupa tuttora grazie a un ruolo direttivo nel Gruppo Ugf (Unipol). Della sua creatura, ormai maggiorenne, Max parla con trasporto: "Gli occhi della solitudine è una storia di complicità e affinità di sensi che avrebbe potuto essere un grande amore. La storia di un uomo e una donna il cui rapporto, pur fisicamente confinato dentro brevi parentesi, si diffonde e si distende nel tempo". Marco e Clementina si incontrano all'università, si frequentano, si allontanano, si rincontrano. E scoprono che ciò che li lega, nonostante due caratteri apparentemente distanti ("Clementina è una creatura complessa, malinconica, per la quale gli strappi sono fonte di violento e profondo dolore e la vita è un mare cupo, solcato da rare vele colorate; Marco è più solare, aperto"), è una spiccata sensibilità, fatta di riflessioni sulla musica, l'arte, la letteratura, il tempo, la vita. Una grande attrazione intellettuale. Viene naturale chiedersi, a questo punto, quanto ci sia di autobiografico nel libro, quanto Marco sia simile a Max (non è un caso che l'iniziale del nome sia la stessa): "Molti suoi lati mi appartengono", confessa l'autore, "ma ho anche ricevuto tanto creandolo, un processo questo, che capita spesso nella scrittura e che permette di confrontarsi con se stessi, oltre che con i lettori". E qui si torna al suo lavoro di operatore della finanza, che ha tratto giovamento tanto dalla preparazione tecnica in aula che da quella emotiva alla scrivania di casa. "L'esperienza della scrittura, così come quella della musica (sono anche diplomato in pianoforte), mi ha permesso di instaurare rapporti più intensi e forti anche nella mia attività, proprio grazie alla sintonia che si crea quando si condivide molto di più di un semplice rapporto di lavoro". Un libro, dunque, che "è stato faticoso portare a compimento e che ha richiesto passione, impegno, coinvolgimento e parecchie di notti insonni", ma che oggi, nel riscontro dei suoi lettori, restituisce a Max "attraverso Clementina e Marco, ancora più emozioni di quante ne abbia profuse per crearli". "Giorno dopo giorno", conclude l'autore, "mi rendo conto di avere intrapreso un grande viaggio dell'anima".