Il giornalismo impegnato di Mario Portanova
L'idea di fare il giornalista Mario Portanova, redattore del Fatto Quotidiano.it, laureato in Economia politica alla Bocconi nel 1994, la coltivava da un po', fin dai tempi del liceo. I primi fondamentali passi con Società Civile, il periodico diretto da Nando dalla Chiesa, "che era allora il mio intellettuale di riferimento, molto esposto sui temi della criminalità organizzata che costituivano il mio maggiore interesse", poi l'iscrizione all'Università. "La Bocconi a fine anni '80 significava un lavoro sicuro, era il compromesso perché in famiglia mi lasciassero coltivare i miei sogni di giornalista", spiega Mario, "ma economia politica era anche un corso di studi completo, uno dei pochi a coniugare aspetti scientifici e umanistici, una preparazione che poi si è rivelata fondamentale".
Gli interessi di Mario Portanova in campo giornalistico prendono subito una direzione precisa, che connoteranno poi tutta la carriera, fatta anche di libri e tv: "I grandi misteri di stato, il terrorismo, la mafia soprattutto e i suoi legami con la politica. Ma mi sono occupato anche di molto altro, prima per varie testate del gruppo Rcs, come Il Mondo e Corriere Lavoro, poi per il settimanale Diario, al quale ho lavorato dal 2000 al 2007, conducendo numerose inchieste".
I temi? Il G8 di Genova con i suoi risvolti giudiziari, il movimento no global, la guerra in Iraq, con uno stile giornalistico sempre meno praticato, quello condotto sul campo, delle inchieste fatte in prima persona sentendo la gente e vedendo i fatti con i propri occhi. Inchieste che gli procurano una notorietà che lo porta alla terza svolta della carriera, come dice lui, "dopo l'approdo in Rcs e quello a Diario. Si tratta del mio sbarco in tv, alla Rai, con Blunotte di Carlo Lucarelli, dove ho curato le puntate sul G8 di Genova, sulla mafia nel Nord Italia e sulla strage dell'amianto. Poi la collaborazione con Presa Diretta di Riccardo Iacona, sempre per una puntata sulla mafia in Lombardia". Un giornalismo impegnato e di qualità che c'è ancora in tv e un po' meno sui giornali, dice Mario, "che troppo spesso si muovono solo a seguito delle inchieste giudiziarie, raramente lo fanno in anticipo. Prima dell'operazione 'Crimine infinito' del 2010 era molto difficile far passare un'inchiesta sulla mafia sui giornali del Nord, era un tema sottovalutato, quasi fastidioso".
Eppure la mafia al Nord esiste da oltre mezzo secolo, come Mario Portanova spiega in Mafia a Milano. Sessant'anni di affari e delitti (Melampo Editore), scritto con Giampiero Rossi e Franco Stefanoni, "perché a Milano, e al Nord in generale, c'è la mafia vera, la N'drangheta soprattutto. Sono gli stessi mafiosi dei luoghi d'origine, che intimidano e ammazzano come la mafia 'della tradizione', quella che esiste da sempre. Poi ci sono anche i colletti bianchi, imprenditori e immobiliaristi che fanno affari con loro, ma sono una parte contigua, non quella prevalente". Oltre ai fenomeni più vistosi, le stragi e gli omicidi, le varie mafie costituiscono un gigantesco apparato che mira a fare soldi, con strategie e dinamiche complesse che necessitano di preparazione specifica per essere comprese. E qui vengono in soccorso gli studi alla Bocconi: "E' stato fondamentale per me avere una preparazione economica per comprendere i rapporti delle organizzazioni criminali con le banche, le loro strategie di investimenti. Ma anche conoscere la statistica, per decifrare meglio i numeri e che cosa c'è dietro, così come avere sostenuto esami di diritto e di sociologia".
Cose che Mario Portanova spiega in giro per l'Italia alle molte presentazioni del proprio libro alle quali viene invitato, riconoscimento di una carriera che ha avuto un imprimatur illustre, come rivela: "Ero un giovane studente della Bocconi appassionato di giornalismo, e decisi di chiedere consigli su questo mestiere a un professore di economia che collaborava con il Corriere della Sera. Quel professore era Mario Monti".