L’orso, l’aquila e l’animale Europa
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Sandro Sideri |
L'orso-Russia si è svegliato dal letargo, è attivo e cresce in fretta, ma è incerto su quale possa essere il suo spazio nell'habitat della nuova geopolitica, stretto com'è tra gli artigli dell'aquila americana e i tentacoli di quell'animale ancora sconosciuto che è l'Unione europea. Un orso dall'orgoglio ferito, a volte aggressivo con i suoi ex cuccioli ormai indipendenti (vedi la Georgia), ma che allo stesso tempo ha cambiato pelliccia rispetto al passato e col quale Usa e Europa devono imparare a convivere abbandonando gli schemi vetusti della guerra fredda. Ne ha bisogno la Russia in primis, ma ne hanno bisogno tanto gli Stati Uniti che l'Unione europea, come spiega con dovizia di particolari Sandro Sideri ne La Russia e gli altri. Nuovi equilibri della geopolitica (Università Bocconi editore, 2009, 262 pagine, 16 euro, con prefazione di Boris Biancheri).
"Dal 2000 in avanti, se si esclude l'arrivo della crisi economica globale", scrive Sideri, "il tasso di crescita russo è stato superiore al 6% rispetto al 2% del G7". Il pil è sestuplicato, il debito pubblico è rimborsato e nel 2007 rappresentava solo l'8% del pil, mentre il debito estero rispetto al pil si è ridotto dal 50% al 30%. Le riserve, grazie all'enorme dotazione di gas e petrolio (il prezzo del quale tra il '98 e il 2008 è decuplicato), aumentano e sono in parte utilizzate per un fondo di accantonamento. Tra il 2000 e il 2007, inoltre, la povertà si è dimezzata nel paese, passando dal 29% al 13,4%. Allo stesso tempo, però, "la Russia corre il serio rischio di diventare un paese eccessivamente dipendente dalle proprie risorse naturali, che è il tipo di economia compatibile con l'autoritarismo politico", spiega Sideri. La forte crescita economica degli ultimi anni ha fatto dunque della Russia un'economia emergente, mentre la dipendenza da tali risorse, la burocratizzazione, il sistema politico e le carenze democratiche la relegano essenzialmente tra i paesi in via di sviluppo. "La continuità della crescita ha bisogno di riforme strutturali, praticamente ferme agli ultimi anni della presidenza Putin, e di diversificazione, che a sua volta richiede tecnologia e importazione di capitali". Nel suo pamphlet, Sideri descrive a tutto tondo la geopolitica Russia del nuovo millennio: dal rapporto ambiguo e difficile con gli Stati Uniti e con la Nato, a quelli con la Cina, l'Africa e il Sudamerica, ai rapporti, anch'essi ambivalenti, con l'Europa, che dipende da Mosca per i propri approvvigionamenti energetici, ma il cui allargamento e la politica di vicinato (Pev) con le ex repubbliche sovietiche disturba il Cremlino. "Le relazioni russe con l'Ue e gli Usa non possono migliorare se non vengono affrontati tre problemi: la crescente disparità tra le rispettive percezioni della sicurezza in Russia e nell'Occidente, in particolare rispetto all'allargamento della Nato; le sfide economiche, cioè la complessa interazione tra le tendenze che emergono nell'evoluzione interna russa e quelle che prevalgono nell'ordine economico internazionale; la crescente rivalità tra gli interessi russi e occidentali nello spazio dell'ex Unione Sovietica". Se da un lato c'è una Russia che sogna ancora i fasti della propria potenza passata, dall'altro c'è un Occidente che ha continuato a sottovalutare politicamente un paese che nel 2007 è diventato il primo produttore di greggio (12% della produzione mondiale), e che è il primo produttore di gas (22% della produzione totale). Ciò ha portato a partenariati tra Russia e Occidente "non ben definiti e sub-ottimali, che non ancorano la Russia e regole democratiche ma nemmeno la escludono dalle istituzioni occidentali, in cui però le è permesso di partecipare solo come membro subordinato". Il risultato di questa 'integrazione parziale' sono state relazioni turbolente nelle quali le tensioni si moltiplicano al rafforzarsi della posizione geopolitica russa. Per ridefinire l'ordine mondiale nella direzione della sicurezza e della stabilità, avverte allora Sideri, bisogna ridefinire il ruolo della Nato, trasformandola in un'organizzazione per la sicurezza collettiva dell'intero continente. Ma vanno ripensati anche i ruoli dei tre attori primari: "Mosca non ha, almeno per ora, nessuna motivazione ideologica a rimodellare il mondo; è solo un autocrate nazionalista all'antica la cui aspirazione è di riacquistare il prestigio di una grande potenza. Sta all'Ue convincerla che cooperazione e integrazione internazionale offrono maggiori vantaggi della politica di potenza, e contemporaneamente convincere gli Usa a mettere da parte la logica della guerra fredda". La Russia va dunque sostenuta e incoraggiata a trovare autonomamente una sua modernità, "anche se questo significa accettarne l'alterità rispetto all'Occidente, a condizione che non diventi alternatività, evitando quindi di giudicarla con criteri esclusivamente occidentali e di farla sentire sotto assedio".
Sandro Sideri, già ordinario di economia internazionale all'Institute of social studies dell'Aja, è stato staff guest al Mit, visiting professor all'Università Bocconi, alla Luiss e all'Orientale di Napoli, e docente all'Ice e all'Ispi.