Harry Potter, la magia del business
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Susan Gunelius |
La prima edizione di Harry Potter and the Philosopher's Stone è stata pubblicata nel giugno 1997 da Bloomsbury, in Gran Bretagna, in sole 500 copie. Harry Potter and the Deathly Hallows, il settimo e ultimo libro della saga, è stato messo in vendita in tutto il mondo di lingua inglese a mezzanotte del 21 luglio 2007 e ha venduto, nelle prime 24 ore, 11 milioni di copie (8,3 nei soli Stati Uniti).
In questi dieci anni si sono vendute più di 400 milioni di copie dei libri con il maghetto come protagonista e si è creato un marchio il cui valore è stimato in 4 miliardi di dollari, più o meno quanto incassato, in tutto il mondo, dai primi cinque film tratti dalla serie. Harry Potter, insomma, entrerà non solo nella storia della letteratura, ma soprattutto in quella del business, come ineludibile benchmark per ogni campagna di marketing delle industrie culturali. Ed è proprio l'aspetto del business quello indagato da Susan Gunelius in Harry Potter. Come creare un business da favola (Egea, 2008, 244 pagine, 16,50 euro), il libro ideale per chi coniuga la passione per il personaggio di JK Rowling e la curiosità per i fenomeni culturali ed economici, nelle librerie dal 6 ottobre.
Non si tratta di un libro di scrittura creativa. Gunelius chiarisce subito che Harry Potter è intrinsecamente un buon prodotto, che soddisfa un bisogno esistente del pubblico anziché cercare, con grande dispendio di energie e denaro, di crearne di nuovi. Ha saputo creare immediatamente il coinvolgimento emotivo del lettore, attraverso la certezza che il personaggio sarebbe cresciuto e avrebbe concluso le proprie avventure nel giro di sette pubblicazioni. La sorte ha inoltre voluto che, a differenza di fenomeni letterari antecedenti, come Il signore degli anelli o Le cronache di Narnia, Harry Potter sia nato nel momento in cui internet cominciava a essere uno strumento efficace per convogliare e diffondere l'interesse per un fenomeno così popolare.
Internet e l'attesa dei lettori, degli spettatori del cinema, degli appassionati di giochi elettronici sono, però, stati sfruttati con maestria dagli uomini di marketing delle case editrici che lo hanno pubblicato in tutto il mondo e dalla Warner Bros, che ne detiene i diritti cinematografici, con tattiche di marketing permanente, indiscrezioni guidate sulle trame dei volumi ancora da pubblicare, coinvolgimento degli appassionati più attivi, e la diffusione della storia della vita dell'autrice, protagonista di un'ascesa sociale ed economica resa più spettacolare dalle cattive acque in cui navigava prima di pubblicare il suo primo libro, quando era arrivata a vivere di sussidi pubblici.
Infine, è da sottolineare il ruolo svolto da JK Rowling come guardiana di un marchio che rischiava di venire inflazionato attraverso un merchandising eccessivo. L'autrice ha, invece, sempre saputo resistere alle sirene del guadagno a breve termine. In dieci anni sono andati sul mercato non più di 400 prodotti a marchio Harry Potter, un numero che non deve impressionare se lo si paragona ai 350 prodotti annunciati ancora prima dell'uscita del film Cars di Walt Disney.
Gunelius (il cognome potteriano non è uno pseudonimo, ma quello di una consulente americana di marketing) paragona il fenomeno Potter a decine di altri fenomeni culturali, nel mondo della letteratura e del cinema e sostiene che un buon utilizzo degli strumenti di marketing, affinati dall'esperienza di JK Rowling e del suo maghetto, potrà presto portare all'emersione di fenomeni di portata analoga. E individua sette serie di romanzi fantasy in via di realizzazione che sembrano avere tutte le carte in regola per bissarne il successo.