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Gli uomini della Pirelli tra umanesimo ed economia

, di Fabio Todesco
Tra uffici, redazioni, aule universitarie e sedi delle associazioni industriali, la vicenda di Gavino Manca, manager dell’impresa milanese e uomo di cultura, illustra cinquant'anni di storia sociale d'Italia

Gavino Manca
Sul filo della memoria
Cinquanta anni di Pirelli e dintorni
(prefazione di Marco Tronchetti Provera,
postfazione di Giuseppe Berta)
Egea, Milano, 2005
220 pagine, 18 euro

C'è stato un tempo, tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '70, in cui umanesimo ed economia, impresa e cultura, non erano divisi da solchi concettuali incolmabili. Anzi, un'iniziativa come quella di Alberto Pirelli che decise, nel 1957, di istituire un centro studi nell'impresa di famiglia sembravano avvicinare i due ambiti. Pirelli si rivolse, per un consiglio su chi incaricare della costituzione del centro, a Giovanni Demaria, ex rettore dell'Università Bocconi, che gli indicò un suo giovane assistente, Gavino Manca. Cominciano così, con l'incontro tra un giovane di belle speranze e un vecchio, prestigioso imprenditore, la vicenda professionale di Manca in Pirelli e il suo Sul filo della memoria. Cinquanta anni di Pirelli e dintorni (Egea, Milano, 220 pagine, 18 euro, con prefazione di Marco Tronchetti Provera e postfazione di Giuseppe Berta).

La vicenda di Manca si snoda per cinque decenni tra uffici, aule universitarie, redazioni, sedi delle organizzazioni di categoria, mentre il ricercatore e manager ricopre incarichi di vario tipo, da quello all'ufficio studi alla responsabilità delle relazioni esterne, alla direzione di un'impresa del gruppo, all'interno della Pirelli, ed è attivo ("con ritorni di segno diverso", scrive) nelle associazioni industriali. E Berta, nella postfazione, si rammarica del fatto che carriere di questo tipo non siano più possibili oggi, in un'economia che ha finito per imporre ai propri attori una specializzazione estrema.

Quella di Manca è soprattutto una storia di incontri con uomini che, in un modo o in un altro, hanno segnato il destino non solo della Pirelli, ma di tutto il paese. E molti di essi, per la peculiarità della realtà di quegli anni, o forse per le affinità elettive che li legano a Manca, tradiscono i tratti degli appassionati estimatori della doppia cultura, economica e umanistica. Primo tra tutti, lo stesso Alberto Pirelli.

Manca vive anche i momenti più tesi delle relazioni industriali e della vita politica del paese, fino a essere gambizzato, nel 1978, dalle Brigate rosse, un episodio che ricorda, in due sole pagine, trascrivendo semplicemente un articolo apparso sul Corriere della sera.

Il libro, dalla struttura apertamente memorialistica, può essere letto come una storia, parziale e personale quanto si vuole, ma partecipata e sincera, dell'industrializzazione italiana. Ma può anche essere letto come la grande avventura intellettuale di un uomo che ha saputo conciliare incarichi aziendali del più alto livello a una sterminata produzione pubblicistica di carattere non solo economico, ma anche culturale, la traduzione dei classici latini alla pubblicazione di collane di libri di economia e politica. Un uomo che, incaricato di fare un check-up delle condizioni economiche dell'Argentina e delle possibilità della Pirelli in quel paese, conclude con diligenza l'analisi economica, ma non riesce a trattenersi dal chiedere a un amico di introdurlo ai due grandi scrittori argentini del tempo, Jorge Luis Borges ed Ernesto Sabato, stupiti e compiaciuti dall'interesse di un economista per la cultura quanto può esserlo, oggi, il lettore delle memorie di Gavino Manca.

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