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Non solo Lara

, di Luca Maragno
Il giro d'affari del mondo dei videogames ha raggiunto quello del cinema. Perché realizzare un episodio di Tomb raider per la playstation o per il grande schermo è un'impresa globale

Il prossimo novembre verrà lanciata PlayStation 3 e comincerà l'ennesima battaglia delle console di nuova generazione. Una guerra che coinvolge sempre più consumatori: calcolando solo il software, nel 2005 il mercato dei videogiochi nel mondo valeva 28 miliardi di dollari secondo Esa (l'associazione di publisher americani). Non siamo molto lontani dal cinema, tanto per fare un paragone, che di miliardi di dollari ne ha mossi circa 35. L'azienda leader del settore è l'americana Electronic Arts con un fatturato di oltre 3 mld di dollari, che si distingue per titoli blockbuster come i Sims e Fifa che vendono diversi milioni di copie.

Sul fronte hardware, invece, è Sony a dominare con circa 70 milioni di PlayStation vendute, e se la deve vedere con la storica Nintendo, forte di personaggi quali Super Mario e i Pokemon, e Microsoft che ha appena lanciato la nuova Xbox.

L'Italia è il quinto paese europeo per giro d'affari e sviluppa un mercato da 604 milioni di euro (+8% sul 2004 secondo Aesvi, l'associazione di publisher italiana - il dato comprende hardware e software).

Nel nostro paese il prodotto più venduto è un gioco di calcio, Pro Evolution Soccer, della giapponese Konami, distribuito da Halifax in circa 400 mila copie. Ma si tratta di un caso unico, sebbene siano una decina i titoli che superano le 100 mila copie, mentre prodotti di medio livello possono arrivare a vendere anche 30 mila pezzi. Sono numeri enormi se si considera che il prezzo di un videogame è circa 50 euro per Pc e 60 per le console.

Quali sono i processi e i costi che si nascondono dietro la nascita di un videogioco? Lo abbiamo chiesto a Leader, un gruppo italiano di base a Varese che opera in questo mercato da oltre 20 anni e che oggi segue tutte le fasi del processo prima dell'arrivo del prodotto al consumatore: sviluppo, produzione, distribuzione. «I costi di sviluppo sono simili a quelli del cinema. Per un gioco per PlayStation 2 si va da un minimo di 2 milioni di euro fino anche a 50 milioni», spiega l'amministratore delegato Luisa Bixio. «Il mercato ha logiche completamente differenti tra prodotti per console e per Pc. I produttori di console, infatti, richiedono royalties per ogni pezzo venduto, che variano a seconda del prezzo al pubblico a cui si vuole posizionare il prodotto, ma possono arrivare anche a costare 10 dollari a unità, quindi incidono moltissimo sul prezzo finale e inoltre limitano l'elasticità degli editori, che non possono effettuare riposizionamenti di prezzo, alzando quindi il rischio. Dall'altra parte il mercato Pc è molto più piccolo rispetto a quello per PlayStation 2».

«Per sviluppare Scar, un videogioco di corse uscito lo scorso anno creato dalla milanese Milestone, abbiamo speso circa 3 milioni di euro per due anni di lavoro con un team di 40 persone», continua Marco Minoli, responsabile del marketing di Black Bean, l'etichetta di publishing di Leader. «Per un prodotto di questo livello il break even si raggiunge con 120-130 mila pezzi in tutta Europa su due formati, Pc e PlayStation 2».

Per un editore il costo di una licenza, ovvero il diritto di pubblicare in esclusiva su un territorio un prodotto già sviluppato, incide per il 30% sul totale del prodotto. Il 25% è il peso invece della produzione vera e propria (stampa, packaging, manualistica, ecc.); la localizzazione incide tra il 5 e il 10%; infine il marketing conta un 35%.

«Il costo di distribuzione rispetto al prezzo al pubblico deivato conta almeno il 50% e mette insieme il margine del retail e dei distributori», conclude Luisa Bixio.

I canali tradizionali prevedono negozi specializzati e grande distribuzione, ma anche l'edicola si è rivelato un business molto interessante, soprattutto per prodotti a basso prezzo. Dario Paolillo, amministratore delegato di Power Up, è un editore che opera in Italia e che per primo ha sfruttato il canale edicola con successo. «Le differenze rispetto al canale tradizionale sono sostanziali. In edicola lavori in conto estimatorio con diritto di reso, quindi ti assumi completamente i rischi dell'invenduto. Inoltre ci sono 38 mila chioschi ed è difficile gestire la giusta capillarità. Ma con prodotti di buona qualità posizionati sotto i 20 euro è possibile fare dei numeri davvero interessanti».

Le dinamiche che sviluppa l'industria dei videogiochi per quanto riguarda i canali di distribuzione e non solo sono uno degli aspetti più interessanti di questo mercato secondo l'opinione di Paola Dubini, professore associato di economia aziendale in Bocconi e coordinatrice delle attività dei settori media. «E' diversi anni che sto osservando attentamente questo settore», ci ha svelato. «E' un mercato enorme a cui non viene ancora data la visibilità che merita. Inoltre è utile per studiare alcune dinamiche che poi vengono sviluppate in altri settori e, essendo un mercato con pochi attori, è più facile da tenere sotto osservazione. Proprio per questi motivi sto cercando di dare il via a un progetto che raggruppi e analizzi le classifiche di vendita di film, libri, dischi e naturalmente anche videogiochi».

Un progetto molto interessante, soprattutto se si pensa che molti prodotti sfruttano licenze trasversali ai vari media. Harry Potter, Il Signore degli Anelli, 007, Spider-man, Tomb Raider, ecc., nascono come libri, fumetti, film o videogiochi e poi vengono "tradotti" per essere fruiti anche dagli altri media, a indicare come il consumo culturale avvenga sempre più a 360 gradi. Non sarà certo una sorpresa se dalle analisi di quelle classifiche si scoprirà magari che la fetta di business più golosa possa spettare proprio ai videogame.