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Fondazione Invernizzi, best practice

, di Claudio Todesco
Basso profilo, alti (e mirati) investimenti: Gianantonio Bissaro, alumnus Bocconi e segretario del consiglio di fondazione, ne spiega policy e impatto

Nel giardino della Fondazione Invernizzi, a Milano, i fenicotteri rosa fanno il bagno nella fontana. È l'unica cosa appariscente di questa fondazione erogativa che ama l'understatement, eppure elargisce finanziamenti per 6 milioni di euro all'anno, una cifra più che sestuplicata rispetto a dieci anni fa. Ne parla Gianantonio Bissaro, alumnus Bocconi, segretario del consiglio di fondazione che sottolinea come « il compito della Fondazione è dare risorse a qualcuno che brilli o possa brillare, non mettere in luce noi stessi. Non abbiamo neanche un sito web: non vogliamo disperdere le risorse accontentando molti soggetti, ma individuare iniziative specifiche che possano fare un salto di qualità grazie al nostro finanziamento».

Quando nasce la fondazione?
Nei primi anni '90, qualche anno dopo che Romeo Invernizzi e la moglie Enrica avevano venduto la loro società alla Kraft. Quando individuavano un progetto meritevole staccavano un assegno. Non avendo figli, dopo la morte avvenuta nel 2005 i coniugi hanno destinato la quasi totalità degli averi alla fondazione.
Oggi come vi finanziate?
Attraverso investimenti redditivi ma prudenti, con un'enfasi spiccata sul mantenimento del valore reale del patrimonio. E attraverso la gestione degli immobili di proprietà. Il mantenimento del patrimonio è funzionale ad avere sempre fondi in eccesso. I fondatori ci hanno dato una grande responsabilità: abbiamo il dovere morale di assicurare la continuità delle erogazioni.
Quali settori finanziate?
Agro-alimentare, medico, economico. Per la Fondazione, l'economia è uno strumento per migliorare la società e le prospettive della Lombardia e del Paese. È la logica che ci ha spinti a finanziare in Bocconi il Leap, Laboratory for effective anti-poverty policies, e l'Icrios, Invernizzi center for research in innovation, organization and strategy così come la Cattedra Invernizzi e le borse di studio per l'attività di PhD.
La sostenibilità è importante?
È fondamentale. I beneficiari sanno di dover creare strutture in grado di accedere, in futuro, ad altri tipi di finanziamento.
A quali modelli guardate?
Agli endowment delle università americane e inglesi, al netto degli investimenti aggressivi, perché sono orientati al lungo periodo. Spesso in Italia c'è un respiro più corto, a volte per problemi di corporate governance.
La misurazione dell'impatto è importante?
È un tema su cui possiamo fare meglio. Vorremmo essere più analitici senza scadere in un modello burocratico dove l'ente erogante pretende una rendicontazione dettagliata. La migliore garanzia dell'impatto provocato dall'assegnazione di fondi è fornita dalle competenze dei beneficiari.