Verso un mondo senza superpotenze
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Barry Buzan |
Lo scacchiere politico internazionale è, ed è destinato a rimanere per almeno vent'anni, incontestabilmente unipolare. Gli Stati Uniti sono l'unica superpotenza sopravvissuta a un processo che ha visto ridurre il loro numero da tre a una in meno di un secolo, con il successivo declassamento della Gran Bretagna e dell'Unione Sovietica.
L'analisi della struttura polare non basta, però, a comprendere le dinamiche della politica internazionale, secondo la tesi esposta con lucidità e con forza da Barry Buzan nel Gioco delle potenze. La politica mondiale nel XXI secolo (Università Bocconi editore, Milano, 2009, 344 pagine, 19 euro), di cui esce in questi giorni l'edizione paperback.
Oltre all'aspetto prettamente materialista dei rapporti di potere, che si esplicitano nella polarità, si deve considerare, secondo Buzan, anche l'aspetto dell'identità, ovvero l'ideologia degli attori della politica internazionale. A seconda dell'affinità ideologica le potenze interagiscono tra di loro come amiche, rivali o nemiche e solo l'implicita assunzione di inimicizia rendeva la struttura bipolare fortemente esplicativa della dinamica innescatasi nel corso della Guerra fredda.
Il sistema attuale può essere descritto, in termini di polarità, come 1+4, con quattro grandi potenze (Unione Europea, Cina, Giappone e Russia) che si affiancano all'unica superpotenza superstite. Lo status di superpotenza deriva dalla possibilità, economica e militare, di esercitare la propria influenza in ogni angolo del mondo, dalla volontà politica di farlo e dalla legittimazione da parte degli altri attori internazionali. La grande potenza si distingue dalla superpotenza per il fatto di non avere lo stesso spettro di possibilità (la Russia, per esempio, è temibile militarmente ma non economicamente, mentre per l'Unione Europea vale l'inverso) e per essere attiva a livello sovraregionale, ma non globale.
I rapporti di amicizia, rivalità e inimicizia che si instaureranno tra le grandi potenze e tra queste e la superpotenza sono destinati a mantenere o modificare in futuro l'attuale struttura polare. Le distanze economiche e soprattutto militari sono, al momento, tali da rendere del tutto improbabile ogni cambiamento per almeno vent'anni. Dopo di allora, però, lo scenario alternativo considerato più probabile da Buzan non è un ritorno a un mondo bi o tripolare (con Unione Europea e Cina unici candidati realistici alla promozione al rango di superpotenza), bensì un annullamento del numero delle superpotenze, con il declassamento degli stessi Stati Uniti. È una condizione raggiungibile attraverso due percorsi, che non si escludono a vicenda: potrebbero venire meno la volontà politica degli Stati Uniti di esercitare un ruolo globale o la legittimazione da parte delle grandi potenze.
"A conti fatti", scrive Buzan, "a meno che non si sia totalmente contrari al capitalismo, non possono esservi dubbi sul fatto che gli Usa abbiano rappresentato un leader costruttivo e di enorme successo nell'ultimo mezzo secolo, e che al momento nessun altro candidato appaia in grado di svolgere il loro ruolo altrettanto bene, o addirittura meglio". Dalla fine della Guerra fredda, però, e in modo più marcato con l'amministrazione Bush, gli Stati Uniti sembrano avere abbandonato l'approccio multilaterale che, attraverso la costituzione e l'appoggio a organismi sovranazionali come l'Onu e la Nato, aveva contribuito a quell'affinità ideologica dell'Occidente, che legittimava la leadership americana.
Il crescente unilateralismo, il manicheismo con cui viene giudicato il comportamento dei partner internazionali e l'ossessione per la sicurezza che porta gli Stati Uniti a sovrareagire a ogni minaccia potrebbero contribuire alla loro delegittimazione, mentre il costo economico e umano di iniziative belliche unilaterali potrebbe spingere l'America a una riconsiderazione del proprio ruolo nel mondo.
Le grandi potenze, e in particolare l'Unione Europea, possono influire in modo sostanziale sul dibattito politico americano e sugli atteggiamenti imperialisti della superpotenza, sostiene Buzan. Dosando sapientemente lealtà e pressioni, le grandi potenze possono far capire al leader planetario che il mondo è più complesso, e più interessante, di quanto suggerirebbe una semplicistica interpretazione dell'unipolarismo.
Barry Buzan è professore di relazioni internazionali alla London School of Economics. "Sono almeno due decenni che questo studioso, con originalità e competenza, contribuisce ad accrescere la nostra comprensione del funzionamento del sistema politico internazionale contemporaneo", scrive di lui Angelo Panebianco nella Presentazione del volume.