Contatti

Pa e cultura: come cambiare?

, di Anna M. Alessandra Merlo e Claudia Tacchino - rispettivamente, ricercatore all'Universita' della Valle d'Aosta e SDA professor di public management and policy; SDA professor di public management and policy
Quattro tendenze dalle esperienze dell'estero

In molti paesi d'Europa sono destinate alla cultura quote di pil ben maggiori rispetto all'Italia. Con grande soddisfazione sono dunque accolte le reintegrazioni del Fondo unico per lo spettacolo (Fus) e le altre manovre di destinazione di risorse al settore. Tuttavia, in mancanza di strategie, criteri, valutazioni, controlli, si rischia di protrarre alcune debolezze del settore.

Nei contesti europei in cui è stato più consistente il finanziamento per il settore culturale, si sta ridefinendo il ruolo principale degli enti pubblici, da finanziatori a formulatori e valutatori di politiche. Ciò significa assumere un ruolo molto più difficile, che richiede competenza, rigore e che ha sempre un costo in termini di popolarità.Da una ricerca condotta dagli studenti del master in management dello spettacolo della SDA Bocconi le principali tendenze occidentali in materia di competenze pubbliche per il settore culturale sono quattro. La prima è il decentramento (sussidiarietà verticale) dai livelli centrali ai livelli locali, talvolta anche in termini di policy making, e soprattutto per finanziamenti, valutazione di progetti, gestione. La seconda è la creazione di agenzie di erogazione di finanziamenti, e comitati di esperti e artisti per l'indipendenza delle valutazioni rispetto alla sfera politica. Terza, il rinnovamento dei meccanismi di finanziamento, rendendo più efficienti, trasparenti e meno burocratici i finanziamenti pubblici all'offerta e applicando finanziamenti diretti alla domanda (voucher) e finanziamenti indiretti (de-fiscalizzazioni). Quarta, la privatizzazione di gestioni, porzioni di finanziamenti, porzioni di proprietà, trasformando istituzioni pubbliche (teatri, musei) e coinvolgendo privati profit, organizzazioni di volontariato, associazioni, fondazioni bancarie e d'impresa.Anche in Italia si stanno verificando analoghe tendenze, e una graduale trasformazione delle funzioni della pa. Ma tale cambiamento non è di rapida realizzazione perché richiede numerose condizioni. È necessario un quadro normativo coerente, efficace, che preveda il trasferimento di funzioni, l'introduzione di criteri per le valutazioni e meccanismi di finanziamento correlati ai criteri, la definizione di efficienti misure fiscali, la configurazione di formule giuridico-istituzionali adeguate per le privatizzazioni. Inoltre, deve ridursi il potere di condizionamento, soprattutto grazie all'arma delle sovvenzioni, delle istituzioni pubbliche. Infine, si tratta di apportare inversioni di rotta sia in tema di finanziamento, che di investimenti, anche col rischio di deludere interessi pubblici e privati eventualmente già scesi in campo. Da questo deriva la crescente necessità di competenze di negoziazione con i portatori di interessi, da parte di una pubblica amministrazione che sovente dimostra di temere l'impopolarità più della preoccupazione di sprecare denaro pubblico. A ciò si aggiunge il fatto che la delega di funzioni comporta l'avere un'estrema chiarezza sulle direzioni strategiche, oltre che su vision e mission, aspetti ad oggi non sempre tenuti in primo piano dalle amministrazioni pubbliche. Infine, per implementare le riforme occorrono competenze tecniche come analisi dei fabbisogni, valutazione e selezione di investimenti, formulazione di criteri e meccanismi per l'allocazione di finanziamenti e per la valutazione dei risultati delle istituzioni, capacità di autofinanziamento e fund raising, gestione economico-finanziaria e controllo della spesa.