L’India tra terrorismo e miracolo economico
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Antonio Armellini |
Ogni qual volta il terrorismo islamico colpisce l'India, le sue autorità si affrettano a puntare il dito contro le "potenze straniere", una formula dietro la quale è facile identificare il Pakistan. E tuttavia, afferma Antonio Armellini nel suo L'elefante ha messo le ali. L'India del XXI secolo (prefazione di Giuliano Amato, Università Bocconi editore, 2008, 416 pagine, 28 euro), "le stesse condizioni di arretratezza della minoranza musulmana potrebbero favorire una progressiva radicalizzazione, alimentata dall'emergere di gruppi acculturati e ideologicamente estremizzanti, specie fra i giovani... Il fatto che il terrorismo indiano abbia tradizionalmente avuto una matrice di tipo nazionalista/irredentista prima che ideologico/religioso ha portato New Delhi a sottovalutare il pericolo di un'internazionalizzazione di matrice fondamentalista".
Di fronte alle dichiarazioni puntualmente rilasciate dal governo indiano in queste ore è utile leggere le pagine che Armellini dedica al terrorismo e al nodo della convivenza con l'ampia minoranza musulmana ("con oltre 150 milioni di musulmani l'India è il secondo paese islamico del mondo dopo l'Indonesia e prima dello stesso Pakistan").
Su questo tema e su quelli sociali, politici ed economici, come scrive Giuliano Amato nella prefazione, "il libro di Armellini ci squaderna davanti tutto con ammirevole lucidità. E ci aiuta per ciò stesso a capire che le contraddizioni, così trasparenti in tutti i campi, non nascono né dal caso né dal caos, ma esprimono la convivenza tra un passato che è ancora presente e un futuro che sta appena iniziando".
Accanto al terrorismo islamico, dunque, c'è una grande maggioranza di indiani musulmani "che si sente parte della nazione" ed è meno radicale di quanto in questo momento si possa credere ("un solo dato: appena il 4% dei giovani musulmani frequenta la madrassa"); accanto al milione di persone impiegate nell'information technology, e che danno lustro internazionale agli sforzi di sviluppo della nazione, ci sono un analfabetismo che arriva al 39% (52,2% tra le donne) e i quattro indiani su cinque che non raggiungono il reddito di due dollari al giorno. Accanto al 10% della popolazione che parla inglese c'è un sistema educativo del tutto inefficace, se si eccettuano alcune università tecniche di élite e le scuole private di matrice cristiana.
L'India è considerata la più grande democrazia del mondo ed Armellini lo ribadisce, ma non rinuncia a qualificare la sua affermazione in pagine illuminanti descrivendone il funzionamento reale, fatto anche di corruzione e di intrecci con il sistema delle caste.
L'ex ambasciatore reinterpreta il concetto di karma, che contribuisce a spiegare il grande ottimismo con cui gli indiani danno per realizzate le migliori previsioni di crescita economica e strategica e anticipano così, soprattutto nelle relazioni internazionali, comportamenti da grande potenza che tradiscono una certa dose di arroganza. Gli ostacoli da superare sono, invece, molteplici, anche se la posizione di Armellini è, in definitiva, ottimista.
Del sorgere di una nuova potenza dovrebbero prendere al più presto atto il sistema politico e quello economico italiani, che invece hanno, fino a poco tempo fa, mostrato un grave ritardo. Negli ultimissimi anni alcune importanti visite di stato e investimenti privati significativi (Armellini ne fa un'interessante mappatura) hanno evidenziato un'inversione di rotta, ma il nodo principale è la velocità. Ora è il momento giusto, tra cinque anni potrebbe già essere tardi.
LEGGI alcune pagine dedicate al terrorismo e al rapporto con la minoranza islamica
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Edward Luce, A dispetto degli dei. L'inaspettata ascesa dell'India moderna