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Le sfide del clima in vista di Durban

, di Edoardo Croci - direttore Sur Lab Universita' Bocconi
Si allontanano gli obiettivi di Copenaghen

Nel dicembre 2011 a Durban, Sudafrica, si terrà la 17esima Conferenza delle parti sui cambiamenti climatici. Dopo i risultati negativi di Copenhagen (2009) e i segnali più incoraggianti arrivati da Cancun (2010), la diplomazia internazionale del clima si troverà di fronte a un momento cruciale, stretta tra un pianeta sempre più sofferente, le istanze delle economie emergenti e la 'scomoda' eredità del Protocollo di Kyoto. Quali saranno le possibili risposte? Si giungerà a un nuovo accordo globale sul clima?

Dal 2006 la Cina è in testa alla classifica dei paesi per ammontare di emissioni di gas climalteranti, anche se le emissioni pro capite cinesi sono ancora un quarto di quelle statunitensi. Allo stesso tempo, al vertice di Copenhagen la Cina si è impegnata a ridurre le emissioni di gas serra per unità di pil del 40-45% entro il 2020 rispetto al 2005 (il pil cinese è cresciuto del 10,4% nel 2010). In questa apparente dicotomia si trova la prima chiave di lettura sulle difficoltà di ottenere il consenso per un nuovo approccio globale sul clima alla scadenza, nel 2012, del primo periodo di applicazione del protocollo di Kyoto (2008-2012). Il vertice di Copenhagen ha deluso le aspettative sulla possibilità di un accordo internazionale in continuità con il protocollo di Kyoto che vedesse i paesi in via di sviluppo accettare obiettivi di riduzione delle emissioni vincolanti al 2020. Nei fatti, la roadmap definita al vertice di Bali l'anno precedente, che riguardavano sia la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, sia il Protocollo di Kyoto, ha subito una frenata, anche se è stato ribadito l'impegno politico a contenere in 2 gradi l'aumento delle temperature terrestri al 2020 rispetto all'era preindustriale. Un obiettivo non suffragato dagli impegni, che lo stesso Intergovernmental panel on climate change considera ormai improbabile – l'ultimo decennio è risultato il più caldo da quando le temperature globali sono rilevate sistematicamente. Per questo, accanto alle politiche di mitigazione assumono sempre maggior rilievo quelle di adattamento. Al vertice di Cancun del dicembre 2010 viene definito un framework complessivo per le politiche di adattamento, che assumono pari rilievo rispetto a quelle di mitigazione. Si rilancia anche la possibilità di un accordo globale per il periodo post 2012 (2013-2020) con riduzioni dell'ordine del 25-40% entro il 2020, si prevedono fondi per l'assistenza ai Pvs dell'ordine di 100 miliardi di dollari all'anno per mitigazione e adattamento e si affronta il tema dell'incentivazione alla conservazione del patrimonio forestale nei paesi in via di sviluppo. Al prossimo vertice di Durban dovrà essere definito come proseguire l'impegno planetario per il clima. Non ci saranno "tempi di recupero". Come evidenziato da Tom Erichsen di Point carbon, in un recente workshop organizzato dal Master in green management, energy and social responsibility (Mager) della Bocconi, due diversi scenari sono possibili. Il primo consiste nella prosecuzione del regime di Kyoto, rafforzando gli impegni. È l'approccio preferito dall'Europa, che ribadisce la sua disponibilità a ridurre le emissioni del 30% al 2020. Negli Usa, nonostante l'attenzione di Obama, vi è un'opposizione bipartisan ad assumere impegni onerosi in mancanza di riduzioni vincolanti per la Cina e gli altri Pvs, che a loro volta sono disponibili ad accettare (almeno fino ad ora) solo impegni volontari per non compromettere la crescita. Il secondo prevede la compresenza di accordi su base "regionale", attraverso meccanismi che interessano più nazioni in assenza di un quadro globale, e "settoriale", che interessano specifici settori economici mediante sistemi di incentivazione o penalizzazione sulla base di benchmark globali.A Durban si dovrà rivolgere lo sguardo anche oltre il 2020, almeno fino al 2050 (quando l'Europa potrebbe ridurre le emissioni dell'80-95%). La maggior parte degli studi indica la necessità di raggiungere il picco delle emissioni globali il più rapidamente possibile per ridurre i costi di mitigazione. Il 2010 ha segnato il record di emissioni di gas serra con un +5% rispetto al record del 2008, e il limite dei 2 gradi centigradi sembra essere sempre più lontano.